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SS. Vito e Modesto

Quest’ultima chiesa è certo tra le poco conosciute, ma il quadro che presenta risulta assai suggestivo, racchiudendo ventiquattro seco­li di storia nei suoi paraggi, trovandosi sul tratto terminale dell’anti­chissimo clivus Suburanus, che dai Fori conduceva, su per il colle Esquilino, alle strade che si dirigevano fuori della città, verso il La­zio meridionale e la Campania, tracciato che ancor oggi è conservato dalla via di S. Vito, che conduce all’omonima chiesa, sboccando in via Carlo Alberto, e che indicava, in età papale, il limite dell’abitato. La chiesa è di antichissima origine, conosciuta sin dal IV secolo col nome di S. Vito in Macello, dalla vicina presenza del Macellum Livìae, e fu ricostruita nel 1477 da papa Sisto IV. Nel 1900 ne fu addirittura invertito l’orientamento, aprendo la nuova facciata su via Carlo Alberto, mentre nel 1977 un restauro ha ripristinato l’o­rientamento originale. La facciata a capanna è molto semplice, e conserva il portale marmoreo di Sisto IV. Allo stesso periodo risalgono le ripristinate bifore goticheggianti sul fianco. L’interno è oggi una spoglia aula rettangolare absidata, che ha sulla destra un bell’altare rinascimen­tale con un affresco raffigurante la Madonna col Bambino e santi, col Cristo benedicente sull’arcone, attribuito ad Antoniazzo Roma­no; accanto la «pietra scellerata», così detta perché ritenuta essere stata usata per il martirio dei cristiani e la cui polvere era conside­rata taumaturgica nella guarigione dal morso dei cani idrofobi. Accanto alla chiesa sorge l’arco di Gallieno, dedicato nel 262 al­l’imperatore modificando l’antica porta Esquilina del recinto delle mura Serviane, mura di cui rimangono alcuni filari di mattoni spor­genti dal retro della chiesa lungo via Carlo Alberto.

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