S. Stefano Rotondo
La chiesa
Ceduta aerea
Martirologio
La chiesa
Chiesa tra le più singolari di Roma, e forse quella in cui c’è maggior contrasto tra la grande importanza e la scarsa conoscenza che se ne ha; alla scarsa conoscenza hanno contribuito anche i pluridecennali lavori di scavo archeologico sotto di essa, che, se pure hanno conseguito notevoli risultati, sono stati causa di un notevole deperimento delle pitture della chiesa.
È la più antica chiesa a pianta circolare esistente in Roma, e fu eretta da papa Simplicio (468-483), ispirandosi al Santo Sepolcro di Gerusalemme, di cui la chiesa probabilmente riprende, oltre alle forme, anche le proporzioni; l’edificio è sorto sopra un mitreo, rimesso in luce dai moderni scavi, e altri edifici antichi. La pianta originale era estremamente elaborata, poiché al vano a cupola centrale seguiva una navata anulare in cui era intersecata una croce greca, poi oltre quattro cortili ricavati tra i bracci della croce e infine un porticato anulare; inoltre nel 1130 Innocenzo II fece costruire tre grandiose arcate trasversali interne per sorreggere la cupola. Tutto questo insieme, che era adorno di marmi, stucchi, mosaici, tarsie, ecc., diffusi a profusione, ridotto ormai in condizioni precarie, fu gravemente alterato dagli interventi del 1450 dovuti a Niccolò V, che eliminò tre dei quattro bracci della croce e il portico esterno, tamponando quindi le arcate dell’anello interno, che furono poi affrescate alla fine del Cinquecento. Da allora il tempio condusse un’esistenza in tono minore, appartato dietro gli archi superstiti dell’acquedotto Neroniano, in una delle zone più tranquille della città, caratteristiche che in fondo mantiene ancora.
Si accede alla chiesa per un portichetto su cinque colonne di granito, anch’esso dovuto all’intervento di Innocenzo II e, tramite un ambulacro, braccio superstite della croce originaria, si entra nella navata anulare in cui sono ben distinguibili le trentaquattro colonne antiche inglobate nella muratura. L’ambiente centrale è separato dalla navata anulare da ventidue colonne in granito con capitelli ionici, su cui poggia un‘architrave continua e si innalza il tiburio della cupola, le travi del tetto della quale sono sorrette da due pilastri e due colonne di dimensioni colossali posti lungo il diametro dell’ambiente circolare, risalenti, come detto, al XII secolo. A sinistra si apre la cappella dei SS. Primo e Feliciano. del VII secolo, nel cui catino è il mosaico raffigurante gli omonimi santi ai lati della croce stemmata sulla quale. entro un clipeo, compare il Cristo benedicente, mosaico eseguito sotto papa Teodoro (642-649), il cui stile appare come pienamente bizantino. Ma l’elemento di maggior interesse risulta il ciclo di affreschi realizzato sotto Gregorio XIII (1572-1585) sulle pareti tamponate della navata anulare, commissionato dalla Compagnia di Gesù ai pittori Antonio Tempesta e Niccolò Circignani, raffigurante 34 scene di martirio, tratte dalle Passiones dei santi martiri dell’antichità, aventi lo scopo di istruire i novizi da inviare nelle terre di missione su ciò che avrebbe potuto attenderli, e accendere in loro lo zelo e la brama di martirio. All’effetto d’insieme concorreva la suggestione del sito, scelto appositamente, con i suoi caratteri di isolamento e di vetustà.
Gli affreschi, colmi di scene raccapriccianti, presentano un carattere quindi estremamente didattico, con legendae sottostanti e lettere di riferimento, costituendo oggi una delle più singolari ed efficaci testimonianze del clima spirituale della Controriforma. Uscendo dalla chiesa, la via di S. Stefano Rotondo è un’altra di quelle suggestive strade che si mostrano come reliquie della Roma papale dell’Ottocento, con il suo tono semirurale e dimesso, accentuato dalla presenza dei grandiosi ruderi dell’acquedotto Neroniano, che la affiancano dapprima su di un lato e poi sull’altro.