S. Prassede
La chiesa
Interno
Busto di Giovanni Bishop
La chiesa
Questa chiesa ricchissima di opere d’arte può essere quasi definita una sintesi dell’arte medievale in Roma: normalmente vi si accede dal portale laterale aperto sull’omonima strada, ma L’ingresso principale, aperto in genere nelle festività, si affaccia a una quota assai più bassa su via di S. Martino ai Monti. Prassede, secondo la leggenda, insieme alla sorella Pudenziana, cui è dedicata la vicina chiesa di questo nome, era la figlia del senatore cristiano Pudente, martirizzata con la sorella dopo che aveva devotamente raccolto con una spugna e versato in un pozzo il sangue dei cristiani uccisi. Il titulus dedicato alla santa risulta di origine assai antica, e fu trasformato nella chiesa attuale a opera di papa Pasquale I (817-824), annettendovi un convento di rito greco e trasferendovi dalle catacombe le reliquie di duemila martiri; la chiesa subì restauri nel XII secolo, e sotto Pio IV (1559-1565), mentre dopo il 1870 il convento fu distrutto e sostituito da una scuola. L’ingresso principale, su via di S. Martino ai Monti, si presenta in modo assai singolare, essendo costituito da un protiro del XII secolo che in età moderna è stato soffocato dagli edifici settecenteschi adiacenti, fino alla costruzione ottocentesca di una loggetta al di sopra di esso. Il protiro riutilizza due colonne antiche di granito con capitelli dorici. Dal protiro, una lunga scala a due rampe che supera il forte dislivello conduce a un cortile-atrio di fronte alla facciata della chiesa, in cui si possono vedere, inglobati nella parete sinistra, resti di un colonnato ad arcate, forse pertinenti a una basilica paleocristiana precedente all’attuale. La facciata, largamente restaurata, era in origine preceduta da un portico, e conserva il cornicione medievale. L’interno, a tre navate, conserva ancora leggibile l’aspetto altomedievale, nonostante che nel XII secolo per rinforzare la navata tre colo nne per parte siano state inglobate in pilastri che sorreggono arconi trasversali. Il pavimento in stile cosmatesco risale a un restauro moderno, e un disco di porfido al suo centro copre il pozzo dove S. Prassede avrebbe riversato il sangue dei martiri; le decorazioni ad affresco della navata risalgono agli ultimi anni del XVI secolo. Nella seconda cappella destra (Cesi), tele e affreschi opera di Ciro Ferri e del Borgognone; segue il solenne ingresso alla cappella di S. Zenone, considerata il più importante monumento di arte bizantina in Roma. La cappella fu eretta da papa Pasquale I come mausoleo per la madre Teodora, e vi si accede per un portale inquadrato da due colonne di marmo nero, con capitelli e basi eseguiti appositamente a imitazione di quelli antichi, colonne su cui poggia una bella architrave di spoglio sormontata da un’urna del in secolo; anche gli stipiti della porta sono accuratamente lavorati. Al di sopra della porta, è una finestra circondata da una fascia musiva a ferro di cavallo nella quale sono raffigurati la Madonna col Bambino e santi, e nel giro esternoCristo e gli apostoli. L’interno è di grande suggestione, anche sedi dimensioni limitate, a pianta quadrata con volta a crociera sorretta da quattro colonne di granito di spoglie. Nella volta quattro elegantissimi angeli che sorreggono un clipeo col Cristo benedicente, nelle lunette e in un piccolo ano altri mosaici con Santi martiri, oltre a Teodora madre di Pasquale (definita «Episcopa»); a destra, un ambiente dove si conserva la colonna della Flagellazione, frammento qui portato nel 1223 da Gerusalemme di una colonna ritenuta quella del pretorio di Pilato su cui fu flagellato Gesù Cristo. Usciti dalla cappella, sul terzo pilastro, monumento del vescovo G.B. Santoni, ritenuto la prima opera del Bernini, in età di sedici anni 1614). Nella cappella di fronte, monumento funebre, opera di Andrea Bregno. La cappella a destra dell’abside occupa la parte terminale del transetto del IX secolo, poi modificato, e conserva preziosi marmi antichi e medievali, oltre a un bel monumento duecentesco di stile arnolfiano. L’insieme costituito da arco trionfale, arco absidale e catino. costituisce un esemplare quasi unico per la conservazione di mosaici medievali, tutti risalenti all’epoca di Pasquale I. La composizione dell’abside si ispira, seppure in forme molto più astratte e stilizzate. al mosaico dei SS. Cosma e Damiano. Il ciborio sopra l’altar maggiore. che con la sua mole occlude parzialmente la vista del mosaico absidale. è del 1730 e reimpiega quattro splendide colonne di porfido rosso del precedente ciborio di Pasquale I. Dal presbiterio si può accedere alla cripta. Anch’essa dell’epoca di papa Pasquale, a forma semianulare, dove in un sarcofago sono collocate le re1iquie delle Ss. Prassede e Pudenziana. All’estremità della navata sinistra, un vano, un tempo parte del transetto, è la base del campanile dell’XI secolo, difficilmente visibile all’esterno, che conserva alcuni vivaci affreschi con scene di martirio, risaenti al IX secolo; la sagrestia è un ambiente notevole, che conserva alcuni preziosi reliquari, oltre a diversi quadri: Flagellazione, di Giulio Romano, Deposizione, di Giovanni de’ Vecchi, S. Giovanni Gualberto,del Borgognone. Nella navata sinistra, la quarta cappella, del Sacramento, è realizzazione moderna del 1933, la terza, Olgiati, fu costruita da Martino Longhi il Vecchio alla fine del Cinquecento, ed è decorata da affreschi del Cavalier d’Arpino. All’altare, Cristo e la Veronica, di Federico Zuccai.
Usciti dalla chiesa, vale la pena percorrere la via di S. Martino ai Monti, ultimo tratto della salita al colle Esquilino del Clivus Suburanus, di antichissima origine, che è stretto tra due file di interessanti case sette e ottocentesche; un’epigrafe al n. 20a ricorda che in una casa sorta in quel sito abitò a lungo il pittore Domenico Zampieri detto il Domenichino