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S. Pietro in Vaticano

La testimonianza più antica che parla della sepoltura di San Pietro è riportata nelle “Storia Ecclesiastica” scritta dallo storico teologo Eusebio di Cesarea; egli cita lo scritto di “un uomo della chiesa di nome Gaio, vissuto a Roma al tempo di Zefirino” (tempo intercorrente tra il 199 ed il 217), che polemizza con Proclo, capo della comunità montanista di Roma; perciò l’edicola ritrovata dagli archeologi, prende il nome di "trofeo di Gaio" da questa testimonianza: un trofeo (tropaion) che ricorda sì una vittoria, ma anche quella sulla morte ottenuta attraverso il martirio; la testimonianza di Gaio dimostra che i cristiani di Roma conoscevano bene l’ubicazione del sepolcro di Pietro. La memoria del martirio era ancora vivissima, perché se ne potesse tenere le tracce.

La basilica di San Pietro in Vaticano, la grande chiesa della cattolicità, è sorta sul luogo dove papa Anacleto (76-88) fece costruire, nell'80 circa, un piccolo oratorio di marmo per ricordare il martirio dell'apostolo. In un primo tempo questo “oratorio” fu racchiuso in lastre di marmo su tre lati, lasciando aperta la parte che dava la visibilità della nicchia; due file di colonnine a torciglione terminanti in una cancellata circoscrivevano tutto lo spazio antistante. Il luogo su cui sorse questo primo nucleo in età classica fu occupato dal circo di Nerone, fra il monte Vaticano, il Tevere ed il Granicolo.  Il Circo era situato dove oggi sorgono l’Arco delle Campane, la Piazza di Santa Marta e le navate di sinistra della basilica. A metà della "spina" che divideva le due parti della pista, sorgeva l’obelisco portato da Caligola dall’Egitto, l’unico resto dell’antico circo che è possibile vedere ancora, come lo videro i primi martiri Romani. Nel 250 circa fu innalzato un muro a destra dell’edicola, nominato dagli archeologi come muro “G”. Il muro in questione fu presto ricoperto da moltissimi graffiti, in cui il nome di Pietro è citato in segno di venerazione e quale mezzo d’intercessione presso Dio. Nel 324, l'imperatore Costantino sostituì la modesta basilichetta con una costruzione di tipo costantiniano, non diversa dalle altre chiese edificate a Roma in quel periodo; ma la diversità di questa nuova costruzione fu che l’impianto riuniva la funzione di Martyrium e d’aula funeraria.

Il colle Vaticano che presentava una pendenza piuttosto rilevante, venne sbancato da un lato e dalla parte opposta fu creato un grande interramento che includeva anche la necropoli che nel IV secolo era ancora usata. La Basilica venne orientata ad occidente per conservarne la posizione verso la tomba di San Pietro. Compiuto nel 349 da Costante, figlio di Costantino aveva forma a croce latina; un quadriportico chiamato “Paradiso” immetteva nella Basilica. Nell’interno, cinque navate precedevano un ampio transetto. Nel 396 d.C. papa Silvestro inaugurò l’edificio; da antichi scritti, si ha una descrizione delle dimensioni: ” Sancto Pietro è lungo 200 passi e largo 112, con cinque navi con colonne et ha altari 52, con un pavimento di marmi e porfidi et serpentini mischiati et la tribuna di musaici.” Le eccezionali misure per quell’epoca era di 119 metri di lunghezza e 64 di larghezza. Davanti al coro, un transetto continuo era sovrastato da un grande arco di trionfo; questa parte del tempio era riservata al clero solo durante le funzioni liturgiche, altrimenti era accessibile a tutti i fedeli che vi sostavano per venerare le spoglie del Santo. Il pavimento altro non era che lo spazio cimiteriale e la navata centrale era formata da lapidi tombali. Ben 44 delle 96 colonne sorreggevano la trabeazione della navata centrale ed 11 finestroni le davano luce. La sua altezza superava i 30 metri. L’accesso alla portico della Basilica era preceduto da 35 gradini di marmo che i pellegrini abitualmente salivano in ginocchio, pratica cui si sottopose volontariamente ed umilmente anche Carlo Magno nella sua prima visita a Roma nell’anno 774. Ai lati della Basilica , Costantino aveva fatto edificare due abitazioni, da una delle quali ebbe poi origine il Palazzo pontificale attuale. Leone Magno (440-461) arricchì la facciata con una decorazione musiva, che venne in seguito restaurata nell’VIII secolo. Poche testimonianze scritte parlano di un grandioso ciclo di affreschi della navata mediana, commissionati sempre da Papa Leone. Un nartece era posto all’ingresso della Basilica ; Papa Simplicio (468-483), lo trasformò in quadriportico (già nominato). L’enorme pigna che oggi si ammira nei giardino del Belvedere in Vaticano, era posta al centro del portico, sotto un’edicola a baldacchino. Tre sacelli dedicati ai due San Giovanni ed alla Santa Croce, così come il restauro della rotonda di S. Andrea con il mausoleo di Onorio che sorgevano sul fianco sinistro della basilica si devono alla volontà di Papa Simmaco (498-514). La famiglia degli Anici aveva un sepolcro dietro l’abside. Sotto la curva dell’abside, Gregorio Magno (590-605) ricavò una cripta anulare ed attraverso una finestrella i pellegrini potevano vedere la camera sepolcrale di San Pietro. Sempre papa Gregorio fece innalzare un altare sulla "Memoria", perché proprio sulla tomba di Pietro potesse essere celebrata l’Eucaristia.

Vicino alla facciata, Giovanni VII volle dedicare un oratorio alla Vergine: decorato a mosaici fu poi cancellato dal rifacimento del Maderno all’inizio del ‘600. Onorio I aveva fatto ricoprire il tetto basilicale con tegole di bronzo sulle quali con il passare degli anni erano stati incisi i nomi di alcuni papi e regnanti; da alcuni scritti di Severano si sa che alcune tegole furono conservate fino ai tempi di Paolo V (1605-1621), e recavano i nomi di Alessandro III (1159-1181), Innocenzo II (1130-1143), Celestino III (1191-1198) e Benedetto XII (1335-1342). Gregorio IV (827-844), adornò la facciata di ricchi mosaici, che in seguito furono restaurati da Gregorio IX (1227-1241). I pirati saraceni nell’846 saccheggiarono il tesoro di San Pietro; venne trafugata anche una croce d’oro donata da Costantino ad Elena.  Per evitare altri episodi sacrileghi, papa Leone IV (847-855), fece del complesso un borgo fortificato: la “Civitas Leonina”. Le pareti della navata inferiore erano state fatte decorare da Papa Formoso (891-896) con dipinti che illustravano brani del vecchio e nuovo testamento e Nicolò III aggiunse anche i ritratti dei Papi che lo avevano preceduto, sino al suo tempo. L’altare maggiore era sopraelevato da sette gradini e sovrastava l’ipogeo della Confessione. Ai lati era un susseguirsi di Oratori ed altari. La sacra costruzione aveva sei porte così denominate: Santa, Guidonea, Romana attraverso la quale avevano accesso le donne, Argentea, Ravegnana, Del Giudizio. Un onore particolare spettò a Carlo Magno che ebbe inciso sulla porta di bronzo in lettere d’argento il nome delle città che lui aveva donato alla santa Sede.

Nel Medioevo, Callisto II (1119-1124) incluse l’altare di Gregorio Magno in uno nuovo. Accanto a San Pietro riposavano le spoglie dei primi suoi successori ed uno stuolo infinito di santi ed apostoli, tra i quali Simone e Giuda. Nel portico della basilica, avevano trovato estrema dimora parecchi imperatori e principi fra i quali Ottone I di Germania, Gedualla ed Offa re degli Anglo-sassoni. Sotto il papato di Innocenzo III (1198-1216) venne iniziata una possente opera decorativa che terminò al tempo di Gregorio IX (1227-1241); un grande mosaico sostituì quello più antico nell’abside; anche la facciata venne rifatta.

Niccolò III (1227-1241), fu il committente di una cappella gentilizia e molto probabilmente anche gli affreschi dell’atrio si possono attribuire a questo pontificato. Di questo ciclo si conservano ancora i due apostoli Pietro e Paolo. A capo dei lavori era Arnolfo di Cambio cui si deve anche la tomba di Bonifacio IV che venne poi distrutto.

Nei tempi dell’esilio ad Avignone del Papa (1309-1377), continuarono le decorazioni nella Basilica; si attribuisce a Giotto il mosaico della navicella, il polittico Stefaneschi, e quello dell’altare maggiore in cui si legge la mano del grande pittore nelle figure del Cristo e della Vergine, commissionati dal Cardinale Jacopo Stefaneschi. Dopo circa undici secoli, nel 1452, visto che la basilica era ormai fatiscente, Niccolò V (1447-1455), su consiglio di Leon Battista Alberti, decise di procedere alla ricostruzione di tutto il complesso, affidando i lavori a all’architetto Bernardo Rossellino. Venne subito iniziata la riprogettazione partendo da un’abside nuova a ridosso di quella costantiniana, ma alla morte di Papa Niccolò i lavori subirono una battuta di arresto fino all’avvento di Giulio II Della Rovere (1503-1513), che, persona dotata di un’indomabile energia avviò un grandioso programma urbanistico e monumentale che trasformava in primo luogo il Vaticano in una città degna dei tempi imperiali.

Solo nel 1506 il pontefice Giulio II° della Rovere riprese i lavori; per costruire un edificio più moderno con un impianto a croce greca ispirata al Panteon, si iniziò col demolire gran parte della prima basilica ed a Donato di Pascuccio, più noto col nome di Bramante ne fu affidata l’opera, che per questa occasione venne titolato come "maestro ruinante".  Alla morte del Bramante avvenuta nel 1514, erano stati eseguiti solo i quattro pilastri centrali egli archi di collegamento, che il seguito condizioneranno tutti gli altri interventi. Alla direzione dell'opera si susseguirono Frà Giocondo da Verona, e Raffaello che riportò il progetto sulla pianta a croce latina. Nel 1520 moriva Raffaello, ma il suo disegno fu proseguito da Antonio da Sangallo. Nel 1547 toccò a Michelangelo Buonarroti la direzione dei lavori. Egli riprese il progetto del Bramante che prevedeva una pianta centrale, come se la basilica spiccasse al centro di una piazza e ritornò alla forma in pianta a croce greca. Alla morte di Michelangelo Buonarroti i lavori erano arrivati al tamburo della cupola; Il suo progetto venne proseguito fedelmente da Vignola, poi Pirro Ligorio. Nel 1588 toccò a Giacomo Della Porta ed a Domenico Fontana la responsabilità della Basilica; sotto l’egida dei papi Leone X (1513-1521), Clemente VII (1523-1534), Paolo III (1534-.1549), Giulio III (1550-1555), Marcello II (1555), Paolo V (1605-1621), proseguirono i lavori ed eressero la maestosa cupola voluta da Michelangelo e dal 1607 Carlo Maderno portò a compimento tutta l’opera. Paolo V rimise mano al progetto per riportare la forma dell’edificio da croce greca a croce latina; si indisse un concorso di progettazione che venne vinto dall'architetto Carlo Maderno: l’opera fu iniziata nel 1607 e terminata nel 1612. Egli inserì nell’edificio tre cappelle per lato e proseguì le navate fino alla facciata odierna, usando nella costruzione ingenti quantità di travertino di Tivoli. Alla morte di Carlo Maderno, nel 1629, succedette il pupillo di Urbano VIII, (1623-1644), Gianlorenzo Bernini, che impresse all'edificio il carattere barocco che prevalentemente lo Caratterizza.

E’ del 1647 l’esecuzione del Monumento ad Urbano VIII e per la prima volta, furono usati marmi di colore diverso. Nel 1658 papa Alessandro VIII gli commissionò la Cattedra di San Pietro. La sua grande opera è presente nelle decorazioni della navata centrale e su quelle laterali; eresse il baldacchino di bronzo, iniziato nel 1624 ed inaugurato il giorno di San Pietro nel 1633, progettò e decorò i pilastri della cupola con la sistemazione delle quattro grandi statue e collocò sul fondo dell'abside la Cattedra di San Pietro, una delle più fastose invenzione della fantasia del Bernini, che racchiude al suo interno l'antica cattedra lignea usata dall'apostolo Pietro. Sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667), venne risistemata la Piazza di San Pietro sempre ad opera dello stesso Bernini, mentre sotto Clemente X° (1670-1676),  l'architetto ideò e condusse a termine il tempietto rotondo che costituisce il tabernacolo della Cappella del Sacramento. Il completamento del nuovo grandioso edificio occupò ben 179 anni, vide 28 pontificati e la sua consacrazione avvenne sotto Urbano VIII il 18 novembre 1626.

 

La Basilica attuale

 

La Basilica di San Pietro come è visibile oggi con pianta a croce greca, è in parte il progetto architettonico del Bramante, ampliato e riveduto da Michelangelo; la facciata di Carlo Maderno misura 119 metri di larghezza e 44 di altezza; è arricchita ai lati da due grandi orologi opera di Giuseppe Valadier del 1795 e voluti da Pio VI. Essa è di proporzioni grandiose ed è scandita da enormi colonne che la dividono in un grande portico centrale e due arcate laterali; alla sinistra, l’arco della campane immette nella Città del Vaticano. La sovrasta una teoria di nove balconi a loro volta sormontati da un attico chiuso in alto da una balaustra abbellita da undici gigantesche statue opera degli allievi di Bernini; esse rappresentano gli Apostoli, Cristo e San Giovanni Battista; manca la statua di San Pietro cui tutto il complesso è dedicato. Sei Campane, fra cui la più grande è il famoso “Campanone” sono inserite all’estrema sinistra; la campana più piccole è detta “la predica” e risale al 1288.

La loggia delle Benedizioni si apre proprio al centro della facciata ed è proprio da quel balcone che viene annunciala l’elezione del nuovo Papa e viene impartita la prima benedizione “Urbi et Orbi” dell’eletto. Ambrogio Bonvicino è l’autore del bassorilievo sotto la porta principale, raffigurante Gesù che consegna le chiavi a san Pietro. La Cupola di Michelangelo di cui sono visibili le poderose nervature, domina e racchiude tutta questa grandiosità fra le cupole minori delle cappelle Gregoriana e Clementina di Giacomo Barozzi da Vignola. La palla che regge la croce del cupolone, può contenere fino a 12 persone. Il complesso Basilicale ha dimensioni straordinarie: la sua superficie è di mq. 22.000, è lunga 230 metri, di cui 25 sono la lunghezza del portico d’ingresso. La facciata ha un fronte di metri 115 e la sua altezza è di 46. Sei campane sono poste a sinistra; la più grande è il celeberrimo “campanone” e la più antica, risalente al 1288 è “la predica”. Nel centro della facciata, si apre la Loggia delle Benedizioni ed è proprio da questo magnifico “balcone” che vengono annunciati i nuovi papi e da cui viene impartita la prima benedizione “Urbi et Orbi” dell’eletto. Un bassorilievo di Ambrogio Bonvicino adorna la porta principale “Gesù che consegna le chiavi a San Pietro”. Cinque porte immettono nella Basilica e l’ultima a destra è la porta santa che si apre solo in occasione dei giubilei. La prima volta venne aperta per il giubileo del 1423 ed il suo transito significa la purificazione del peccato verso la grazia; essa è opera dello scultore Vico Consorti che la donò a Papa Pio XII, effigiato nell’ultima delle sedici formelle che la compongono. Alla sinistra si può vedere la Bolla di Bonifacio VIII con la quale venne indetto il primo giubileo nel 1300.

Dal 1500 fino al 1975, la Porta Santa era chiusa da un muro; al momento dell’apertura in Papa, con un martelletto, dava il via alla demolizione che veniva portata a termine dai muratori. Uno dei primi martelli usati dal Pontefice per questa funzione era d’ora; nel 1525 venne sostituito con un martelletto d’argento dorato, con il manico d’ebano. Nel momento della chiusura della Porta, il Papa Usava una piccola cazzuola e con questo dava il via alla nuova muratura che avrebbe ostruito il passaggio fino all’apertura successiva. L’ultima volta che venne usato questo cerimoniale fu nell’Anno Santo del 1950. Dell’antica basilica si conserva e si ammira la porta Centrale. E’ stata eseguita tra il 1439 ed il 1445 da Antonio Avarlino detto il Filerete su commissione di Eugenio IV. Divisa in sei quadri che rappresentano dall’alto a sinistra: il Cristo Salvatore, benedicente, a destra, la Vergine. Nella parte centrale a sinistra San Paolo con la spada ed un vaso pieno di fiori ai suoi piedi, a destra San Pietro che porge le chiavi a Papa Eugenio IV. Negli ultimi riquadri è rappresentato il martirio dei due apostoli: a sinistra il martirio di Paolo, che subisce la decapitazione, a destra quello di Pietro, che viene accompagnato al Vaticano per la crocifissione sulla croce capovolta. In basso, nella parte interna della porta l’artista ha firmato in maniera alquanto insolita la sua opera: egli ha rappresentato i suoi allievi al seguito di un mulo che lui stesso cavalca. La parte figurativa è chiusa da un rilievo di marmo di Bernini che indica Cristo mentre affida a Pietro le sue pecorelle. La porta del giudizio, detta anche “Porta della Morte”, è opera dello scultore Manzù del 1964;si trova all’estrema sinistra ed è proprio da qui che escono i cortei funebri dei Pontefici. Fu commissionata allo scultore da Giovanni XXIII e dedicata a Don Giuseppe De Luca. E’ composta da quattro riquadri. Nel più grande è rappresentato la deposizione di Cristo e l’assunzione di Maria al cielo. Nel secondo un altorilievo rappresenta il tralcio ella vite e delle spighe tagliate, simboli dell’Eucarestia: pane e vino Il terzo riquadro è dedicato alla morte: l’assassinio di Abele e lo spegnersi sereno di Giuseppe; la morte di Pietro martirizzato ed il trapasso di Giovanni XXIII (in un angolo, si legge il titolo dell’enciclica “Pacem in terris”; il primo martire, e la morte di Gregorio VII in esilio. In basso a questo riquadro sono anche rappresentati sei animali morenti. Nella parte interna, più semplice, lo scultore ha impresso l’impronta della sua mano e scene del Concilio Vaticano II, con il primo cardinale africano, Rugambwa, che rende omaggio al papa. A destra della porta centrale si trova la porta dei Sacramenti che venne inaugurata il 12 settembre 1965 da Paolo VI ed è opera dello scultore Venanzio Crocetti. Vi è un angelo che annuncia al mondo quale fonte di grazia i sacramenti che sono rappresentati in successione sul pannello di sinistra: Battesimo, Cresima, Penitenza; su quello di destra leggendo dal basso all’alto: l’Eucarestia, il Matrimonio, l’Ordine Sacro e l’Unzione dei malati. Nel 1972 è stata inaugurata la porta della Preghiera, opera di Lello Scorzelli, detta anche Porta di Santa Marta poiché immette nella città del Vaticano sulla piazza omonima. Il monumentale mosaico della “Navicella” è nel portico di fronte all’ingresso principale ed   è la copia dell’opera di Giotto del ‘600, purtroppo andato perduto; venne commissionato dal Cardinal Stefaneschi nel 1298. Una parte dell’originale è conservato nelle Grotte Vaticane ed è un angelo racchiuso in un tondo. Sempre nel portico, dinanzi all’entrata centrale campeggia lo stemma di Giovanni XXIII. Entrando, lo sguardo che spazia fino all’abside coglie la grandezza della Basilica. La navata centrale è divisa in otto archi. Le misure della varie chiese sono riportate sul pavimento della navata stessa. I fondatori dei vari ordini religiosi sono visibili nelle nicchie e nei medaglioni sui contropilastri, opera di Bernini, sono effigiati i Papi sino a Innocenzo X. L’altezza della navata centrale raggiunge i 44 metri e 26 è la larghezza. Il transetto occupa 137 metri e l’altezza della cupola alla sommità registra metri 136,5 e la volta è alta 38 metri. I mosaici che adornano san Pietro, sono stati calcolati in circa 10mila metri quadri, l’equivalente di due campi di calcio. Per avere un’idea del grandissimo sforzo creativo, si pensi l’immenso mosaico della cupole è di132 m e con un diametro di 42. La navata centrale è scandita da pilastri scanalati in marmo e stucco bianco d’ordine corinzio. I quattro grandi archi portanti della cupola che ha 42 metri di diametro, poggiano su quattro enormi piloni pentagonali ed hanno un perimetro di 71 metri. Sono opera del Bramante, consolidati poi da Michelangelo. La cupola raggiunge i 136,50 metri di altezza e la sua lanterna è alta 17 metri. Sedici grandi finestre inserite nel tamburo danno luce allo spazio sottostante. Quando il cielo è limpido, nei giorni sereni, dalla terrazza esterna della cupola, si può vedere il mare a 30 Km di distanza. La parte terminale dei mastodontici pilastri (pennacchi) è ornata da quattro grandi medaglioni a mosaico raffiguranti i quattro evangelisti di Cesare Nebbia.  Ai mosaici della cupola lavorarono anche Giovanni De Vecchi ed il Cavalier Arpino. Alla base dei piloni, sono stati inseriti da Bernini quattro grandi nicchie sovrastate da logge con dei tabernacoli retti da colonne marmoree a spirale, risalenti alla basilica costantiniana, ed abbellite da raffigurazioni ad altorilievo di angeli che mostrano gli strumenti della passione di Cristo. In queste nicchie decorate ed eseguite tra il 1629 ed il 1639, sono alloggiate le statue di S, Longino scolpita da Bernini stesso, la Veronica di Francesco Michi, S. Andrea di Duquesnoy (fiammingo), S. Elena opera di Andrea Bolgi. Sedici costoloni dividono l’enorme cupola e le decorazioni mosaicali che l’adornano rappresentano papi e vescovi che nella Basilica hanno trovato sepoltura, oltre che a figure di santi e angeli i cui disegni sono opera di Cavalier D’Arpino. I pilastri delle navate laterali risalenti ad Innocenzo X (1644-1655) sono invece rivestite di marmi policromi con busti di angeli. Due scale consentono l’accesso alla Confessione; le sue pareti sono adorne di marmi policromi del Maderno e di martino Ferabosco. La statua di Pio VI inginocchiato, opera di Canova che a suo tempo era in questo sito, ora si può ammirare nelle Grotte Vaticane. L’altare maggiore sul quale può officiare messa solo il Papa e che sovrasta la tomba di San Pietro, è spostato notevolmente verso l’abside. E’ stato ricavato da un blocco di marmo del fori imperiale. Eretto nel 1624 è ricoperto dal celeberrimo baldacchino berniniano alla cui realizzazione collaborò anche Borromini; l’altezza dalla base allo croce è di 27 metri. Le colonne tortili che lo circondano sono alte 20 metri ed il bronzo dorato impiegato altro non era che la travatura della cupola del Pantheon; perciò sembra appropriato che sullo stesso sia rappresentato il simbolo di Papa Urbano VIII Barberini che ordino la spoliazione del bronzo, come uno sciame di api e cui viene rubato il miele. Il baldacchino si presenta come un cielo che imita le volute della stoffa, sembra più un’opera di tappezzeria che d’architettura. La geniale trovata di Bernini, lascia intravedere lo sfondo della Basilica così l’occhio può spaziare sulla profondità della stessa dando l’impressione di ancor maggiore profondità. Le colonne a tortiglione danno un grande movimento ed agilità a tutto il complesso; Bernini aveva voluto in un certo modo riprendere la forma delle colonne della basilica costantiniana, in cui il tabernacolo aveva otto colonne a spirale, riadattate dallo scultore alle logge delle reliquie inserite nel quattro piloni della cupola, come si è già detto. Sulle facciate esterne dei quattro basamenti sono illustrate attraverso i volti di una donna.  sette fasi di un parto. Nella Cattedra di San Pietro eseguita dal Bernini tra il 1656 ed il 1666, è conservato un antico seggio di legno sul quale, secondo la tradizione, sedeva il Santo; sullo schienale a triangolo si legge la figura di un imperatore, forse Carlo il Calvo, che donò la reliquia nell’875 a Papa Giovanni VII o fors’anche Carlo Magno.   Il trono è circondato da uno stuolo di cherubini oltre alla rappresentazione della luna, il sole, la terra e l’oceano, figure di uomini mostri e piante; esso è sospeso tra le nuvole e sorretto da quattro statue raffiguranti Sant’Agostino, Sant’Ambrogio per la chiesa latina; San Giovanni Crisostomo e Sant’Anastasio per la chiesa greca; il tutto è sovrastato dalla raffigurazione dello Spirito Santo al centro di una vetrata di alabastro; e per questo complesso sono state usate ben 121 tonnellate di bronzo. Nella prima cappella (del Crocefisso), si ammira la bianca figura della Vergine con il Cristo morto tra le braccia: è la Pietà scolpita nel 1499 quando Michelangelo aveva 24 anni e destinata in un primo tempo alla chiesa di Santa Petronilla; essa è stata ricavata da un unico blocco di marmo ed è alta 1,74 metri. Il committente fu l’Ambasciatore francese Jean de Bilhéres e sarebbe dovuto essere posta nel Santuario dei re di Francia. E’ l’unica scultura su cui Michelangelo pose la sua firma che si legge sulla fascia della Vergine. E’ stata profanata nel 1972, anno in cui un folle la colpì con un martello staccando alcune dita della mano; dopo il restauro, per impedire che avvengano altri episodi, la scultura è stata protetta da una parete di cristallo. Bernini progettò la cappella delle reliquie in cui è custodito un crocifisso del ‘300 oltre ad un monumento opera di Carlo Fontana per la regina Cristina di Svezia che dopo essersi convertita al cattolicesimo abdicò al trono e si trasferì a Roma dove morì a Palazzo Corsini nel 1689. Curiosamente la regina viene descritta piuttosto brutta e baffuta, ma nel monumento a lei dedicato appare molto bella e “fatale”, quasi come una diva. Sopra l’entrata della cappella vi è Leone XII associato alla rappresentazione della Religione e della Giustizia. L’altare della Cappella di San Sebastiano, è sovrastato da un quadro del Domenichino che raffigura il Martire Romano; i mosaici che la decorano sono di Pietro da Cortona. Ai lati dell’altare sono poste le statue di Pio XI e Pio XII di Francesco Messina. La statua di Matilde di Canossa è opera del Bernini.  Rappresentazioni della Carità e della Giustizia sono accanto a Innocenzo XII. Una Grandiosa ed elegante cancellata chiude la cappella del SS. Sacramento. Realizzata da Francesco Borromini reca lo stemma di Urbano VIII. La rappresentazione della SS. Trinità che ne orna la cupola è dovuta a Pietro da Cortona (1628). Bernini realizzò Il ciborio; Camillo Rusticoni fu l’autore del Gregorio XIII tra la raffigurazione della Religione e della Fortezza. Posta di fronte a questo gruppo è la statua di Gregorio XIV. Michelangelo progettò la Cappella per Gregorio XIII, detta appunto “Cappella Gregoriana”. Sotto ad una della quattro cupole minori, conserva la “Madonna del Soccorso”. In essa sono custodite le spoglie di S. Gregorio Nazianzeno, il monumento di Gregorio XVI, oltre la raffigurazione di S. Basilio Magno.

Pietro Bracci realizzò la tomba di Benedetto XIV. La capella della "Vergine della Colonna"  rivestita con mosaici e decorazioni (1629-1632) è stata realizzata da G.B. Calandra su cartoni di G.F. Romanelli, Andrea Sacchi e Giovanni Lanfranco. Dello stesso artista e la decorazione della cappella del Crocefisso. Nella Cappella della Colonna dell'Algardi, è conservata la famosa pala marmorea raffigurante l'incontro tra San Leone ed Attila e le sepolture dei molti papi Leone, dal II°, al III°, al IV°, al XII°.  La Cappella Clementina dal nome del Papa Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), ospita i resti di San Gregorio Magno e dell'architetto Giacomo della Porta che completò la cappella iniziata da Michelangelo. Andrea Sacchi è l’autore del San Gregorio Magno e al danese Alberto Thorvaldsen si deve il monumento a Pio VII (1823) unico artista non cattolico che abbia lavorato per San Pietro, mentre la tomba di Pio VIII è opera di Pietro Tenerani (1857). iniziata da Michelangelo, ma completata da Giacomo della Porta. È abbellita da mosaici di Cristoforo Roncalli. La Cappella del Coro delimitata dalla cancellata del Borromini è un tripudio di stucchi dorati.. Anche qui operò Giacomo della Porta che provvide ai disegni eseguito poi da Giovanni Battista Ricci. In questa cappella vi fu anche un intervento più recente di Carlo Maratta.  In questa cappella ogni domenica il coro della cappella Giuliana né anima la Santa Messa. Carlo Fontana decorò la Cappella del Battesimo. Il Baciccia lavorò ai tre mosaici che nel 1709 venne ripresi e completati da Francesco Trevisani. I cartoni dipinti ad olio, sono conservati nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma.  Il fonte battesimale in porfido forse era una parte del sarcofago dell’Imperatore Adriano. Opera da non perdere: il monumento funebre di Clemente XIII Rezzonico. Realizzata tra il 1788 e il 1792 da Antonio Canova, con accanto le figure della Fede e del Genio Funebre. La tomba di Clemente X (1684) di M. De Rossi e la tomba di Innocenzo XI di P.E. Monnot; entrambe si rifanno ai canoni berniniani. La tomba di Innocenzo XII di Filippo Della Valle. La crociera nord è arricchita da innumerevoli opere, tra le quali un mosaico di San Venceslao e l’intervento di Gesù sul lago Tiberiade in soccorso degli Apostoli. Nella cappella della Presentazione vi è la tomba di Urbano VIII opera di Bernini. Nell’abside è situata il monumento di Paolo III che G. della Porta eseguì sotto la guida di Michelangelo. Il monumento funebre di Alessandro VII è nel passaggio dal presbiterio al transetto sinistro ed è opera del Bernini. Quando Innocenzo XI divenne papa, ordinò all’artista di ricoprire con un panneggio di metallo la figura della Verità, scolpita nuda. Bernini ne fu fortemente addolorato poiché veniva depauperato il significato dell’opera originale. Un ricchissimo monumento funebre in fondo a San Pietro, a sinistra della tribuna, accoglie le spoglie di Alessandro VIII Ottoboni, conosciuto come papa nepotista poiché favorì spudoratamente i suoi parenti. Il sarcasmo dei romani non si fece attendere nemmeno in questa occasione perciò sotto il suo pontificato si disse che la Chiesa, piuttosto che sua sposa sarebbe stata sua nipote. In fondo alla navata centrale è posta alla venerazione dei fedeli la statua bronzea di San Pietro; Egli è rappresentato seduto, appoggiato su di una gamba; la mano sinistra stringe le chiavi e la mano destra è sollevata quasi in un segno benedicente. L’opera non è stata ancora perfettamente datata. Alcuni ne fanno risalire l’origine tra il IV e VI secolo, altri ad un’epoca gotica attorno al XIII secolo. A sostegno della prima ipotesi vi sono fonti che attestano la presenza di una statua bronzea venerata fin dai primi secoli nell’oratorio di San Martino demolito nel 1457. Chi propende per il basso medioevo fa osservazioni inerenti lo stile; questa altra probabile datazione vorrebbe attribuire l’opera ad Arnolfo di Cambio od ai suoi allievi poiché alcuni particolari come i capelli, si ritrovano in opere dell’esimio scultore. Secondo una tradizione, la statua di San Pietro, sarebbe stata ricavata dalla fusione di una statua di Giove per odine del Papa San Leone I nel V secolo. Nel 1871 Pio IX fece porre sulla statua un medaglione per ricordare che prima di lui nessun papa raggiunse i 25 anni di pontificato, fuorché San Pietro; ma questo primato fu superato proprio da Pio IX che regno per 32 anni e dopo di lui anche Leone XIII ebbe un lunghissimo pontificato. A sinistra della Navata, vi è Il sepolcro di Alessandro III ed un mosaico che illustra la guarigione miracolosa di uno storpio per opera di San Pietro. Vanvitelli lavorò sulla volta della crociera sud. Nella sacrestia realizzata da Carlo Marchionni  non si può scordare  d’ammirare  il tabernacolo di Donatello.


Il tesoro di San Pietro

Davanti al transetto sinistro vi è l'imponente sagrestia quasi un edificio a se stante, formato dalla Sagrestia Comune a pianta ottagonale, dalla Sagrestia dei Canonici e dalla sala Capitolare; fu realizzata da Carlo Marchionni su commissione di Pio VI° nel 1776.     Annesso alla Basilica c'è il Museo dove si trova il Tesoro di San Pietro, di Giovan Battista Giovenale. Nel tesoro di San Pietro sono conservati preziosissimi oggetti sacri, alcuni risalenti ad epoche antichissime, altri dono di Capi di Stato e personalità che hanno fatto o ricevuto la visita del Pontefice. Nelle sale del tesoro si può ammirare il bellissimo e maestoso monumento funebre di Sisto IV (1471-1484), realizzato da Antonio del Pollaiolo.

 

Le Grotte Vaticane

Sotto il Pilone di San Longino, vi è il passaggio che immette nelle grotte vaticane. La loro costruzione risale a San Gregorio Magno; la parte più antica era una cripta ricavata da una sopraelevazione del presbiterio e venne fatta per permettere ai fedeli di passare vicino alla tomba di San Pietro. La parte vecchia comprende tre grandi navate in cui sono visibili grandi pilastri di epoca costantiniana, oltre che reperti romani e medievali. La parte “moderna” è il risultato di un rifacimento del ‘500.

Attraverso questo percorso si arriva alle spalle della “Memoria” costantiniana, ovvero nella Cappella di San Pietro; il luogo più prossimo alla tomba è invece la “Nicchia del Palli”. Nelle Grotte sono sepolti molti Papi e personalità regali quali Ottone II, Giacomo III Stuart, Cristina di Svezia e Carlotta di Savoia, oltre alle tombe di Bonifacio VIII, Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, morto solo dopo 33 giorni di pontificato. Le spoglie mortali del Beato Giovanni XXIII, il Papa Buono, poste nello Grotte dopo la sua morte, ora sono esposte alla venerazione dei fedeli in San Pietro sotto l’altare di San Girolamo dopo che la ricognizione alla sua salma rivelò il corpo incorrotto.

 

La necropoli Vaticana

Sotto la Basilica di San Pietro vennero effettuati degli scavi; essi rilevarono la presenza di una vasta necropoli che pare fosse usata fin dal II secolo. Papa Pio XII nel 1939 ordinò scavi sistematici che durarono fino al 1950. Ripresero poi nel 1953 e durano tuttora. Vi si accede dalla porta delle Campane, a sinistra della basilica, e la visita porta fino alla tomba di san Pietro presso il famoso “muro G”. Nel procedere si attraversano le antiche fondamenta della prima basilica costantiniana; quindi si percorre la via antica, posta proprio sotto la navata centrale della Basilica. L’orientamento dei mausolei e delle tombe è est-ovest e sono disposti su due file parallele. La parte più antica è la fila a settentrione ed in questi sepolcri sono visibili sia urne cinerarie che sarcofagi per l’inumazione. I mausolei sono ricchissimi di stucchi, pitture e mosaici, oltre che occupati da sontuosi sarcofagi .

Nel   mausoleo dei Giulii (fine II sec. Inizio III), detto anche del “Cristo Sole”, simboli cristiani sono associati ad altri di chiara origine pagana come il Cristo sulla volta che è rappresentato sul carro trainato da cavalli bianchi come si usava rappresentare il Sole che sorgeva ad illuminare il mondo. Nel Mausoleo di C. Valerius Hermas compare una lapide con il monogramma cristiano. Nel settore occidentale vi sono in prevalenza tombe cristiane; esse formano come un piccolo spiazzo chiuso da sepolcri edificati tra il I e V secolo.  Si scende poi verso il “Campo P” dove è ancora visibile il “Muro dei Graffiti” ed una colonnina che costituiva il “Trofeo di Gaio”, luogo di sepoltura originale dell’Apostolo.

 

La piazza ed il colonnato

La basilica di San Pietro si affaccia in un grandissimo spazio chiuso in un abbraccio dal gigantesco colonnato a formare due perfetti semicerchi, progettato su commissione di Alessandro VII a Bernini. La Balaustra che sovrasta le colonne è arricchita da 140 statue in travertino, opera degli allievi del Bernini, raffiguranti Santi e fondatori di ordine religiosi oltre a numerosi stemmi dei Chigi. Questa immensa opera di Gianlorenzo Bernini ha forma ellittica e l’asse principale ha una lunghezza di 240 metri. Il colonnato che lo circonda è formato da un doppio portico disposto su quattro ordini di colonne e tre gallerie di cui la centrale è stata voluta di larghezza doppia per consentire il passaggio delle carrozze.   Consta di 284 colonne e 88 pilastri.

La pavimentazione della piazza risale al 1730 sotto il pontificato di Benedetto XIII. Nel 1817 venne posta una meridiana voluta da Mons. Filippo Gilli. Al centro della piazza nel 1586 Sisto V fece collocare un obelisco di 25 metri; pesa 312 tonnellate circa. L’obelisco venne da Eliopoli fu tagliato da scalpellini romani e fatto portare a Roma da Caligola nel 37 e sistemato nel circo di Nerone, in cui subì il martirio San Pietro.  Dapprima fu posto a sinistra della Basilica, ma Sisto V lo fece spostare dove ancora oggi si trova. L’incarico fu affidato a Domenico Fontana. Per il suo posizionamento occorsero quattro mesi; vennero usati 44 argani, 900 uomini e 140 cavalli. L’operazione fu così complessa che il Papa ordino che il più piccolo rumore che avesse provocato un’eventuale distrazione, fosse punita con la morte e per rendere ancora più evidente la sua minaccia, fece erigere sulla piazza una forca. Sull’obelisco si leggono scritte di dedica ad Augusto ed a Tiberio. Un’epigrafe recita che “Costantino, vincitore per intercessione della croce, in questo luogo… battezzato da San Silvestro”, ma pare che questo avvenimento sia privo di fondamento. Papa Sisto vi fece incidere iscrizioni sacre. Ad arricchire ed ingentilire la magnifica veduta ed allineate con l’obelisco, vi sono due raffinatissime fontane a tre vasche sovrapposte; quella di destra fu eseguita nel 1664 da Carlo Maderno sotto Paolo V, mentre quella di sinistra risale al 1667 ed è di Gianlorenzo Bernini su commissione di Alessandro VII e reca le insegne dei Chigi.

 

Curiosità

 

L’allineamento delle colonne sulla piazza

Tra le due fontane ed il centro della piazza, vi sono, incassati equidistanti, due dischi in porfido, uno a destra e l'altro a sinistra. Sostandovi si vedrà la prima fila delle colonne, mentre le altre rimangono nascoste, questa colpo d’occhio è dovuto alla perfezione geometrica dell'aspetto architettonico.

 

Il grido del marinaio

Durante il lavoro di spostamento dell’obelisco, l’ordine al silenzio impartito da Papa Sisto fu rotto da un marinaio quando le corde che reggevano la stele, tese eccessivamente, si stavano per rompere. Domenico Bresca, un marinaio di Bordighera che lavorava come operaio, urlo: “Aigua ae corde!” (acqua alle corde), Immediatamente le corde vennero bagnate cosicché i canapi si restrinsero ed il lavoro poté procedere. Sembra che dapprima il marinaio, avendo contravvenuto l’ordine del papa, fosse condannato a morte, ma poi, non solo venne perdonato, ma venne “gratificato” lui ed i suoi discendenti, facendolo unico fornitore delle palme pasquali al Palazzo apostolico. Ancor oggi questa tradizione è conservata dai discendenti del coraggioso marinaio.

 

La vendetta del Cardinale Aldobrandini

Il Cardinale era nipote di Clemente VIII si era perdutamente innamorato della cantante Anna Brocchi; pertanto ne perpetrò l’eliminazione di Girolamo Longobardi, suo “rivale” in amore. La mattina del sabato santo, la testa del malcapitato faceva brutta mostra di sé, conficcata su di una picca nel centro di piazza San Pietro. Lo zio Papa venne informato del misfatto posto in atto dal nipote, dall’ambasciatore spagnolo che odiava il Cardinale. Come punizione, Clemente VIII tolse al nipote tutte le cariche che ricopriva.

 

L'indulgenza plenaria

Fra l’obelisco e la base che lo sostiene ci sono agli angoli dei leoni con una testa due corpi. Vi si può ancora vedere un ristretto pertugio in cui i pellegrini tentavano di introdurvi la testa, poiché si credeva che chi vi fosse riuscito, avrebbe acquistato l’indulgenza plenaria.

 

Il cortile della Pigna

La pigna di Bronzo, da cui prende nome il cortile, decorava una fontana nelle terme di Agrippa. Nel Medioevo la pigna venne spostata all’ingresso della prima basilica di San Pietro. Ora è posta in una grande nicchia sopra una scalinata; la realizzazione è di Pirro Ligorio tra il 1562 ed il 1565. Il capitello su cui è posa rappresenta l’Incoronazione di un atleta vittorioso e proviene dalle Terme Neroniane-Alessandrine, del III sec. d.C.

 

Predazioni e spogliazioni

Da un documento d’archivio del 1593,si legge che per la costruzione della Basilica fu adoperato moltissimo materiale proveniente dagli scavi di Ostia.

 

Quel che non fecero i barbari....

Urbano VIII Barberini, commissionando il tabernacolo a Bernini, raccomandò di non economizzare. Per acquistare il materiale necessario, impose nuove gabelle e siccome il bronzo non bastava ancora, ne fecero le spese anche i costolini nella cupola della basilica stessa. Da questa “raccolta” vennero ricavate 103.229 libbre del metallo; da Venezia e Livorno ne venne portata un’altra grande quantità. Si raggiunse il ragguardevole peso di 211.427 libbre, ma ancora non bastava. Perciò il Papa senza alcun ripensamento ordinò che altro bronzo si ricavasse spogliando le travi del pronao del Pantheon. Così Pasquino, voce popolare dell’epoca, scrisse: ”Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini!” ovvero: ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini. Alla fine il bronzo raccolto, non solo bastò, ma con il rimanente vennero fusi 80 cannoni per Castel Sant’Angelo.

Quasi a compenso della depredazione, nel Pantheon vennero eretti due campanili che i cittadini romani battezzarono “Le orecchie d’asino del Bernini”. Ormai dei campanili non restano che le memorie storiche poiché vennero abbattuti nel 1883.

 

Cristina di Svezia

La regina Cristina, sepolta nelle Grotte Vaticane, morì con il viso deturpato dalla risipola; perciò prima della sepoltura, le venne applicata sul volto una maschera d’argento per preservarne l’aspetto anche nella morte.

 

La divina commedia

Nelle Vecchie Grotte vaticane, nella navata destra, vi è il sarcofago con i resti del papa Niccolò III Orsini, che Dante nella Divina Commedia descrive nel girone dei Simoniaci conficcato in terra a testa in giù. Il Sommo Poeta lo relegò in quel girone poiché aveva conferito quattro cariche cardinalizie ad altrettanti membri della sua famiglia.

 

Urbano VIII e Gian Lorenzo Bernini

Papa Paolo V che aveva intuito il genio di Bernini, lo affidò giovanissimo a Maffeo Barberini e quando egli salì al soglio pontificio come Urbano VIII gli commissionò moltissime opere. Gianlorenzo per non dispiacere al suo protettore, lavorava giorno e notte senza concedersi alcun riposo. Il legame tra il Papa e Gianlorenzo è talmente forte che lo scultore ogni domenica pranzava con il Papa. I romani, sempre attenti e pronti alla satira coniarono il detto che: “Se Gialnolorenzo non gli rimbocca le coperta, il Papa non dorme”. Questo rapporto così stretto ed inconsueto dette origini a chiacchiere che il Papa provvide a tacciare imponendo a Bernini, ormai quarantenne di sposarsi; egli esegue puntualmente ma senza entusiasmo l’ordine, solo per compiacere Urbano VIII.

 

La maledizione di Pietro

Nel 1629 Urbano VIII affidò il compito di preparare le fondamenta per il nuovo tabernacolo all’architetto Alemanni; questi trovò delle sepolture che pensava fossero pagane, perciò non pose alcuna cura per la loro conservazione. Mille anni prima, Papa Gregorio Magno scriveva in una lettere che le spoglie dell’Apostolo Pietro erano protette da una maledizione che avrebbe colpito chiunque si fosse accostato senza il dovuto rispetto. Molti operai che lavoravano allo scavo, cominciarono a morire. Di questi decessi se ne ha notizia dall’inchiesta che venne fatta dalla Santa Sede e la «relazione di quanto è occorso nel cavar i fondamenti per le quattro colonne di bronzo eretta da Urbano VIII all’altare della Basilica di San Pietro….” è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano. Solo quando l’inchiesta fu terminata, poterono riprendere i lavori con la dovuta venerazione.

 

Le incoronazioni famose

Nella basilica costantiniana, nell'800, Carlo Magno ricevette la corona da Leone III°, e dopo di lui vi furono incoronati imperatori Lotario, Ludovico II° e Federico III°.  

 

Usi d'altri tempi

Nel XV secolo, nella solennità di Pentecoste dorante la messa solenne venivano liberate trenta tortorelle e mostrato un gallo vivo per ricordare le parole di Cristo a Pietro, che al canto del gallo l’apostolo l’avrebbe rinnegato per tre volte.

Durante la processione di questa festività solenne e nel tempo di Pasqua, mentre si recitava il Kyrie, si spargevano i fiori.

Fino a tempi non tanto remoti alla porta maggiore della Basilica si attaccava sospeso una specie di grande pallone di foglie di bosso, ma purtroppo il significato è sconosciuto. L’unica spiegazione che si è trovata è nell’uso che ne facevano i pescatori: essi usavano avvolgere il pesce appena pescato in queste foglie affinché si conservasse fresco.

 

I confini del Vaticano

Un particolare poco conosciuto è che l’Aula Paolo VI, progettata dall’architetto Nervi, è costruita a cavallo tra vaticano ed Italia. Il confine tra i due stati è ad andamento zigzagante e passa proprio sotto il palco dove il Papa parla ai pellegrini durante le udienze, mentre le poltrone sono per la maggior parte in territorio italiano. Le differenze della posizione di chi è nell’aula sono evidenziate nella possibilità di perseguire eventuali reati che avvenissero nell’aula Paolo VI, poiché se tale reato si compie nella parte compresa nel territorio italiano, la competenza a giudicare è della magistratura italiana; però, a dispetto di quanto detto, la Polizia Italiana, non può averne l’accesso per eventuali indagini.

 

La linea tratteggiata

Dietro la parte sinistra del colonnato del Bernini, è visibile una linea tratteggiata fatta di pietre più chiare della pavimentazione e segna un lato del museo Petriniano, una brutta costruzione da papa Pio XI ed inaugurato nel 1925 poi abbattuta sotto il pontificato di Paolo VI per consentire l'accesso all'aula Nervi. Tale Museo era costruito nell'area extraterritoriale denominata "del Sant'Uffizio",. Perciò venne tracciato sul pavimento della piazza in maniera visibile il confine che la polizia italiana non poteva oltrepassare. Ecco dunque la spiegazione della linea bianca ancora visibile sulla piazza.

 

Le murate vive

Giovanni Ruccellai nel suo scritto “Zibaldone Quaresimale” scrive che nell’anno santo del 1450 in San Pietro vi erano due donne murate vive a cui si porgeva il cibo attraverso uno stretto pertugio. Il motivo di tale supplizio non si conosce, ma in quei tempi l’Inquisizione pronunciò generosamente condanne di muratura a vita contro eretici e donne che avevano “attentato” alla vita dei loro mariti.

 

I Canonici del Capitolo di san Pietro

La costituzione di Innocenzo III faceva obbligo ai canonici del Capitolo di San Pietro di praticare il salasso sei volte l’anno; questa pratica aveva lo scopo di aiutarli ad osservare con minor sacrificio la continenza. Essi inoltre portarono la parrucca fino a quando Pio VII ne 1801 ne vietò l’uso.

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