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S. Paolo fuori le Mura

Il corpo di San Paolo fu sepolto  in “Praedio Lucianae” ovvero un’area cimiteriale a lato della via Ostiense.

Nel luogo dove egli fu deposto dopo il suo martirio, venne eretto un edificio commemorativo che si apriva sulla Via Ostiense,  simile a quello costruito sulla tomba di San Pietro; i due edifici nei primordi vennero chiamati “I trofei degli apostoli”. Il piccolo edificio doveva avere probabilmente una forma sepolcrale detta anticamente  “cella memoriae” immune da qualsiasi violazione. Non appena  Costantino liberò la religione cristiana dalla clandestinità,  fu l’imperatore stesso a trasformare le due “celle memoriae” in basiliche. San Paolo venne consacrata il 18 novembre del 324 da Papa Silvestro.

Nell’anno 386 Valentiniano dette ordine di ampliare e riedificare la  basilica. Morto Valentiniano nel 392, l’opera fu proseguita da Teodosio, poi da Arcadio ed infine terminata sotto Onorio. La costruzione della basilica fu affidata all’architetto Ciriade detto “professor mechanicus”, che progettò il tempio a cinque navate ed un quadriportico probabilmente sulla falsariga  dell’antica basilica di San Pietro.  Sebbene terminasse sotto Onorio, la nuova basilica conosciuta anche con il nome di “Teodisiana”  fu consacrata nel 390 da Papa Siricio. Alla metà del V secolo sotto Leone I (440-461), si resero necessari i primi interventi di restauro ed è proprio a questo papa che si deve l’inizio della prima serie di ritratti dei papi nei famosi medaglioni.

La basilica divenne quasi il centro di una borgo poiché  attorno  sorsero oratori, chiese minori e case oltre che l’insediamento di una  prima comunità monastica che è testimoniata dal “Preceptim” marmoreo di San Gregorio Magno (590-604) affisso e visibile ancor oggi nel museo lapidario Paolino. Sempre Gregorio Magno fece dono alla Basilica di terreni per il mantenimento dei “lumi” nella chiesa dell’Apostolo. Nel 739 la basilica fu saccheggiata dai Longobardi. Sotto Adriano I (772-795) ripresero i lavori con il restauro delle navate laterali e dell’atrio con il rifacimento della pavimentazione. La basilica venne dotata di preziosi arredi liturgici e Leone III (795-816) fece riparare il tetto restaurare la volta dell’abside e porre in opera il pavimento di marmo. Nell’anno 847 il tempio subì un altro saccheggio da parte dei Saraceni. Dopo questa invasione i Papi si preoccuparono di creare delle difese ai monumenti più insigni; Leone IV (855-872) che aveva fatto ricostruire in San Paolo il nuovo ciborio con colonne d’argento, dotò di bastioni difensivi il Vaticano  e poco dopo Giovanni VIII,  suo successore, ne seguì  l’esempio per la Basilica di San Paolo: egli fece circondare   con  alte mura munite di torri la chiesa, il monastero adiacente, il mulino, lo scalo sul Tevere e le abitazioni. Praticamente il borgo divenne una cittadella fortificata denominata “Giovannopoli” di cui attualmente non ne rimangono che poche tracce, tra le quali  un’iscrizione  che fu scolpita sulla porta di accesso della quale se ne conserva un frammento  nel corridoio del monastero di San Paolo. Non si sa quanto dovesse essere grande, ma la sua fortificazione fu così efficace da resistere  anche ai ripetuti assalti di  Enrico IV nel 1083-1084, che  riuscì solo a distruggere il portico che univa la Basilica a Porta Ostiense. Ildebrando di Soana, abate del monastero, divenuto papa col nome di Gregorio VII  riformò il monastero e mise mano al restauro della Basilica. L’XI secolo vide nascere il campanile  accanto alla navatella nord ed il console  Pantalone da Amalfi  donò  le porte di bronzo ed argento fuse  a Costantinopoli,  andate  poi distrutte nell’incendio  del 1823. Il chiostro venne iniziato nel 1205 con l’Abate  Pietro II (1193-1208) dai Vassalletto. I  lavori rimasero fermi per ben dieci anni; furono ripresi nel 1235 e terminati nel 1240 sotto il Papa Giovanni V (1208-1241). Onorio III (1216-1227) commissionò il mosaico della tribuna, che fu terminato sotto Niccolò III (1277-1280). Sotto il papa francese Giovanni XXII venne commissionata al Cavallini la decorazione mosaicale della facciata. Un terribile terremoto distrusse la chiesa ed il campanile nel 1348 e fu in questa occasione che Giovannopoli cadde in disuso. Bonifacio IX (1389-1404)  visto l’abbandono il cui versava la chiesa, volle che le  cospicue offerte dell’anno giubilare venissero devolute  per la riparazione. Il papa Martino V (1417-1431) continuò i lavori  che si intensificarono nel 1426 sotto il Cardinale Gabriel Condulmer rettore della basilica, che divenne papa col nome di Eugenio IV (1431-1447). Nel 1527 anche il Sacro tempio subì il sacco di Roma. Nel 1575 Gregorio XIII fece circondare da una balaustra la tomba di San Paolo e decorare la zona presbiterale. Nel 1633 Borrimini fece il progetto per la ristrutturazione totale della Chiesa, ma papa Clemente X (1670-1676), fece rinnovare soltanto il tetto per mancanza di fondi.

Alla fine dell’anno 1700 una piena del Tevere sommerse la zona basilicale, cosicché i riti e le funzioni giubilari vennero trasferite a Santa Maria in Trastevere. Il portico venne ricostruito nel 1724 da Antonio Canevari  poiché  Il vecchio portico era crollato   il primo maggio dello stesso anno. Nella notte tra il 15 e il 16 luglio uno spaventoso incendio ridusse la basilica ad un cumulo di macerie fumanti; si salvarono il baldacchino sopra la tomba di San Paolo, l’abside, l’arco trionfale, il candelabro ed il chiostro. Già nel 1115  era avvenuto un grave incendio e Papa Innocenzo II (1130-1143) aveva fatto costruire una parete e delle colonne nel transetto per sostenere il tetto pericolante; infatti, il transetto fu diviso in due navate proprio da quella parete.

Leone  XII avviò la ricostruzione della terza Basilica di San Paolo. Nel 1831, Gregorio XVI incrementò i lavori, visitandone  personalmente il procedere, Nel 1833 i lavori iniziati da Pasquale Belli, vennero continuati sotto la direzione dell’Architetto  Luigi Poletti. Alfine nel 1840, venne riconsacrato l’altare delle confessioni. Vennero aggiunte altre due cappelle alle due preesistenti  del Sacramento e del Crocifisso: la cappella di San benedetto e di Santo Stefano. Anche la costruzione del campanile procedeva e venne terminato nel 1860. Fu Pio IX a consacrare il Tempio ricostruito  il 10 dicembre del 1854.

 

LA BASILICA COM’ERA

 

Nel secolo V  il tempio era stato edificato tre il Tevere e la Via Ostiense ma per l’ampliamento e la riedificazione venne tagliata una rupe che la sovrastava. Nell’edificio antico l’ingresso principale era sulla Via Ostiense. Le dimensioni erano maggiori di quelle dell’antica basilica Vaticana, L’interno si presentava a cinque navate  divise  da quattro file di 20 colonne  in marmo abbellite da  capitelli bellissimi accuratamente scelti tra il materiale di spoglio. Nel 441 ne vennero sostituiti 24 con altre  di pavonazzetto scanalato; oggi purtroppo restano solo alcuni frammenti che si possono vedere all’esterno della basilica.

 Si entrava attraverso un grande quadriportico abbellito da una fontana. Aveva cinque portali. Il soffitto  della navata centrale era  di bronzo dorato e le pareti interne erano ricoperte  di marmo. Una lunga serie di finestroni dava luce ed alleggeriva quella immensa costruzione. La navata centrale prospettava  sull’immenso arco trionfale sostenuto da due grandi colonne ioniche di marmo greco.Il grande mosaico  fu voluto e  finanziato da Galla Placidia. Nel IV secolo. Nel V secolo  fu realizzato il mosaico absidale che venne restaurato e sostituito  nel 1200; alcuni frammenti sopravvivono ancora.

Al centro spiccava una colossale immagine del Cristo con in mano una verga; ai suoi lati vi  erano i simboli  degli evangelisti.

Dalla metà del V secolo l’architrave venne decorato con i medaglione dei papi, che prosegui nel tempo. Alcuni non rispecchiavano la vera immagine del Papa, ma rispondevano  ad immagini ideali. Gregorio Magno (590-604)  provvide alla sistemazione della zona presbiterale sopraelevandola  rispetto al piano basilicale. La cripta ad anello che consentiva ai pellegrini  di pregare sulle spoglie dell’Apostolo è di un periodo più tardo poiché distrutta alla fine del  VI secolo probabilmente venne realizzata  verso la metà del IX secolo, proprio mentre si procedeva alla fortificazione delll’intero complesso (Giovannopoli). La pavimentazione dell’atrio venne rifatta nell’VIII secolo e nel medesimo periodo avvenne il restauro della navate laterali. Leone III fece  impiantare il pavimento di marmo nella basilica e ristrutturare  il tetto. Il primo campanile fu innalzato nell’XI secolo, in seguito venne distrutto da un terremoto  nel 1349, ma subito ricostruito. Le due valve di bronzo che ancora oggi adornano la Porta Santa  sono quelle originali  del 1070, fuse a Costantinopoli. Il mosaico dell’abside si deve ad Onorio III (1216-1226). Venne eseguito da artisti  che avevano già operato nella Basilica di San Marco a Venezia; terminarono nel  1230. Risale allo stesso periodo anche il chiostro a destra della basilica che si è conservato intatto  nella sua veste originale.

Vi lavorarono i marmorai  di due diverse scuole: Pietro Vassello  con il figlio costruì il  e firmò il capolavoro del lato settentrionale. Egli fu anche l’autore del Candelabro Pasquale ancora visibile all’interno della Basilica. Nel 1285 Arnolfo di Cambio realizzò il ciborio sopra l’altare maggiore, salvatosi dal ben noto incendio. Verso la fine del XIII secolo Pietro Cavallini decorò  e restaurò gli affreschi  leonini sulle pareti della navata centrale; gli affreschi che illustravano scene del nuovo e vecchio Testamento si sviluppavano su due registri purtroppo andati distrutti. Lo stesso artista nel 1325  decorò a mosaico la facciata della basilica; anche queste opere sono quasi completamente scomparse. Vasari attribuisce allo stesso artista anche un Crocifisso  che ancora oggi è esposto nella cappella del SS. Sacramento. La cappella del  Sacramento fu  eretta ai primi del 1600 da Carlo Maderno  e Stefanio Maderno scolpì la statua di santa Brigida  di Svezia. Tra il 1624 e il 1625 Giovanni Lanfranco  realizzò per la cappella del Sacramento  un ciclo pittorico di otto tele che oggi si trovano in molti musei stranieri. Alla Basilica sono rimaste due lunette che si possono ammirare  nel Museo della chiesa, mentre altri due quadri appartengono a collezioni private. Benedetto XIV  (1740-1758) fece restaurare i dipinti del Cavallini, i mosaici dell’abside ed i ritratti dei Papi.

Il portico ricostruito nel XVIII secolo venne eliminato nel 1800.

 

LA BASILICA COM'E'

 

La Basilica di  San Paolo fuori le mura dopo San Pietro è la più grande di Roma ed ha le stesse dimensione della Basilica Ulpia nel foro Traiano. La pianta è a croce latina è lunga Mt. 131,66 e larga Mt. 65. E l’altezza è di Mt. 29,70 e può ospitare circa 25.000 persone. L’edificio neoclassico oggi visibile è quello ricostruito dopo l’incendio  del 1823 e secondo il desiderio di Leone XII è quasi identico al preesistente. Chi ne curò  la prima direzione dei lavori fu l’architetto Pasquale Belli (1752-1869) cui nel 1833 succedette Luigi Poletti (1792-1869). Ma nell’agosto del 1869 egli morì ed i lavori proseguirono sotto la  guida di Francesco Vespignani (1808-1882)  che disegnò il quadriportico, poi modificato da  Guglielmo Calderini. Nicola Consoni  (1814-1884) e Filippo Agricola (1776-1857) furono gli autori dei nuovi disegni per i mosaici della  facciata. I resti degli antichi mosaici del Cavallini sono stati collocati v nella parte posteriore dell’arco trionfale  e nell’arco che incornicia l’abside. In questa nuova opera divisa in tre fasce, nel timpano è raffigurato il Cristo  affiancato da Pietro e Paolo. La fascia mediana vi è, come da tradizione, l’immagine dell’Agnus Dei” contornato da agnelli che si dissetano. Tra i tre grandi finestroni sono rappresentati i quattro profeti maggiori: Geremia, Ezechiele, Daniele e Isaia. Il quadriportico attraverso il quale si accede all’imponente Chiesa  ha le prerogative, come l’antica casa romana, dei templi paleocristiani: nell’atrio che li precedeva sostavano i catecumeni e tutti coloro che non erano ammessi  ai riti sacri. Questo quadriportico è stato terminato nel 1828 ed ogni suo lato misura  49 metri e le colonne in granito bianco che ne sostengono il soffitto sono ben 146. La sua distanza dalla porta della Basilica è di mt 70. Al centro vi una colossale statua di San Paolo  opera di Pietro Canonica, che lo raffigura con la spada ed un libro. I muri perimetrali sono abbelliti da medaglioni a mosaico  con simbologia cristiana e ritratti di discepoli ed il frontone interno è ornato con teste leonine, che possono in qualche modo richiamare le metope dei templi etruschi.

Nel portico della basilica, le statue raffiguranti San Pietro e San Paolo sono poste in due nicchie ai lati della porta principale opere dello scultore siciliano Gregorio Zappalà (1833-1908). Le vetrate non sono più quelle rifatte dopo l’incendio, esse vennero distrutte dallo scoppio di una polveriera a Monteverde  nel 1891; tra un finestrone e l’altro ora vi sono dei  dipinti che rappresentano episodi della vita di San Paolo, a cui lavorarono  insigni pittori del XIX secolo. Le colonne di alabastro che adornano la porta centrale, sono state donate dal viceré d’Egitto Mohammed Alì  a Papa Gregorio XVI. Due  Angeli  in marmo sorreggono sopra la porta lo stemma di Papa Pio IX. Gli scultori sono Salvatore Revelli e Ignazio Jacomelli  che scolpirono anche le enormi statue di San Pietro a Paolo ai lati del ciborio. Le statue degli apostoli occupano le nicchie delle pareti la

Cinque sono le porte che immettono nel sacro luogo. La porte centrale di Bronzo,  è stata  scolpita nel 1931 da  Antonio Maraini e illustra alcuni episodi dei due Santi patroni di Roma. Una grande elegantissima croce d’argento formata da tralci  e da due raffigurazione di Pietro e Paolo sui battenti illumina il grande portale. La porta destra è murata ed a sinistra vi è la  Porta Santa: i battenti esterni sono opera dello scultore Enrico Manfrini  benedetti ed inaugurati in occasione del grande Giubileo del 2000; Il portone è in bronzo dorato e pesa ben otto quintali ed illustra tre temi giubilari di Giovanni Paolo II.

La  porte interna conserva ancora i battenti in bronzo  dell’antica basilica, fusi e cesellati a Costantinopoli nel 1070  da Staurachio da Schio su commissione dell’Arcidiacono Ildebrando che come si è detto divenne papa col nome di Gregorio VII. Subirono notevoli danni nel ben noto incendio, ma furono restaurati e riposizionati in Basilica. Nei 54 riquadri che la compongono sono raffigurati brani del vecchio e nuovo Testamento. L’interno è diviso in cinque grandiose navate scandite e divise da quattro file di colonne, in tutto 80,  che sostengono archi a tutto sesto. Sul soffitto giganteggia lo stemma di Pio IX cui si deve la consacrazione del Tempio. Medaglioni con i  ritratti dei pontefici, sono stati rifatti a mosaico e per poterli leggere in ordini cronologico, si deve iniziare nel transetto a destra dell’abside. In ogni medaglione, oltre che il nome del pontefice, si può leggere anche la durata del terali ed anch’esse sono opera di insigni scultori del IXX e XX secolo.

Il gigantesco  arco trionfale attribuito alla volontà di  Galla Placidia (in effetti, arricchito con preziosi mosaici da papa Leone Magno, pontefice dal 440-461), ha subito un restauro non proprio ben riuscito, sotto Leone III  (795-816).   Fu soggetta ad un nuovo restauro nel XVII secolo e la sua sistemazione definitiva è avvenuta dopo il tragico incendio del  1823. Al centro vi è una raffigurazione di Cristo  dall’aria piuttosto severo, contornato dai Signori dell’Apocalisse, Pietro e Paolo  ed i simboli dei quattro evangelisti. La confessione è ancora sopra il luogo dove venne eretta la Basilica costantiniana, sulla tomba di Paolo.

La lastra che ricopre il sarcofago con le sacre reliquie è databile al IV secolo ed una riproduzione si conserva nella pinacoteca.

L’altare della Confessione è sormontato dal ciborio in stile gotico toscano salvatosi dalla furia distruttiva delle fiamme; è ancora il capolavoro  che  Arnolfo di Cambio (1240-1302) scolpì  sotto gli auspici dell’Abate  Bartolomeo (1282-1297).

I timpani sono sorretti da quattro colonne di porfido. Nelle nicchie angolari vi sono quattro statuette di San Pietro, San Paolo, Timoteo e l’Abate Bartolomeo; ogni lato termina al centro con un triangolo ornato da una rosone sorretto da due angeli. Il ciborio termina a punta fra guglie e pinnacoli con una croce alla sommità. Alla base dei pinnacoli si legge la scritta: “Hoc opus fecit Arnolfus cum suo socio Petro” Completamente restaurato nel 2000, davanti all’”Altare della confessione” a destra della crociera,  è esposto il candelabro Pasquale scolpito nel 1170 da Pietro Vassalletto e Nicolò D’Angelo. Alto mt 5,60 è diviso in sette zone cilindriche; alla base vi sono figure antropomorfe, mostri, leoni ed arieti. Nella seconda fascia motivi floreali. Le tre fasce seguenti illustrano scene della vita di Gesù. Le altre fasce sono motivi ornamentali ed alla sommità una grande coppa è disposta ad accogliere il cero Pasquale. Ai lati estremi del transetto vi sono due altari realizzati in blocchi di malachite con lapislazzuli e rifiniture di marmo color mattone screziato di bianco ed arricchiti da fregi di bronzo, che sono un dono dello Zar Nicola I di Russia. L’altare di sinistra è sovrastato da una grande pittura con la "Conversione di San Paolo" opera di Vincenzo  Camuccini e fiancheggiato dalle  statue di S. Gregorio, il cui autore è Alessandro Massimiliano Laboureur,  e San Bernardo dello  scultore Achille Stocchi. L’altare di destra accoglie un dipinto copia del mosaico “incoronazione della Vergine” su disegno originale di Raffaello, ma realizzato dai suoi discepoli Giulio Pippi detto il “Romano” e Francesco Penni detto il “Fattori” che si trova conservato nella pinacoteca Vaticana. Le due nicchie laterali sono occupate dalle statue di San Benedetto scolpita da Filippo Gnaccarini e Santa Scolastica opera del 1836 dello scultore Felice Baini. Il soffitto ligneo è arricchito dagli stemmi di quattro papi: Pio VII, Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI. Sulla parete di fondo del transetto, si aprono quattro cappelle. All’estrema sinistra  vi è la cappella di Santo Stefano che in questo momento è in restauro (ottobre 2002) e già restaurata  da Francesco  Podesti  nel XIX secolo, anche autore della “Lapidazione del Santo” sulla parete destra. Sulla parete sinistra è rappresentato “S. Stefano cacciato dal Sinedrio” di Francesco Coghetti, mentre a Rinaldo Rinaldi, della scuola del Canova, si deve la scultura in marmo bianco di Santo Stefano. Indubbiamente la cappella più visitata e quella a sinistra dell’altare, del “Sacramento”; progettata nel 1625 da Carlo Moderno è stata  ricostruita nel 1725 per volontà di Benedetto XIII.

Sull’altare vi è un bellissimo crocifisso ligneo probabile opera di Pietro Cavallini che lo scolpì ormai vecchio e cieco.  Si dice che questo Crocefisso abbia parlato a Santa Brigida di Svezia, che sostava solitamente in preghiera proprio davanti a questa effigie. Infatti,  nella prima nicchia a sinistra  vi è la statua della Santa raffigurata inginocchiata da Stefano Maderno, che ne è l’autore. Accanto all’altare è visibile una  statua lignea di San Paolo veneratissima, che  nonostante un accuratissimo e delicatissimo restauro rimane alquanto deteriorata, opera di una artista anonimo del  XIV- XV secolo. Sul lato opposto  vi è un  quadro a mosaico della madonna, risalente al XIII secolo, testimone dei voti solenni qui pronunciati da S. Ignazio di Loyola nell’aprile del 1541. Nel transetto di destra si trova la Cappella di San Lorenzo; anche questa architettura fu attribuita al Maderno, ma poi fortemente  trasformata.  Fu affrescata agli inizi del ventesimo secolo da Arturo Viligiardi con scene  sulla vita del Santo; i dipinti che ornavano la cappella  nel 1625, opera del Lanfranco, sono purtroppo andati perduti due sono di proprietà di collezioni private. (peccato!), le lunette, riportate su tela si possono ammirare nella pinacoteca della Basilica ed altre superstiti sono state vendute a musei europei. Sull’altare è posto un  trittico marmoreo dei santi Antonio Abate, Dionisio e Giustina,  scolpito  probabilmente nel primo Rinascimento  dalla scuola di Andrea  Bregno; il coro intarsiato  è stato disegnato da Calderini Dal Monteneri. L’ultima cappella è  dedicata a S. Benedetto; riproduce  la cella di un tempio pagano e le dodici colonne di marmo grigio provengono  dall’antica Veio. Sopra l’altare un’imponente statua di San Benedetto seduto che regge il Pastorale. L’abside è sopraelevata rispetto al transetto ed il trono papale in marmo e bronzo dorato  è posto sul fondo;  Pietro Tenerati scolpì sullo schienale  Cristo che consegna le chiavi a San Pietro; nella lunetta che lo sovrasta Vincenzo Camuccini dipinse il “rapimento di san Paolo in cielo”.Un architrave in marmo di Carrara è sorretto  da quattro imponenti colonne il paonazzetto scanalate. Nel grande catino a mosaico, rimasto quasi intatto, domina il fulgente “ Redentore Panteocratos”, voluto da Onorio III ed opera di artisti veneti di artisti veneti. E’ seduto e con la mano destra benedice alla foggia greca, unendo il pollice all’anulare. Rivolto verso di Lui, ai lati, i Santi Pietro, Andrea, Luca e Paolo; nella fascia sottostante, proprio sotto il Cristo campeggia la croce gemmata con i simboli della Passione e due angeli al lati. Sulla destra e sulla sinistra  si snodano gli apostoli, separati da motivi floreali. Sotto la croce vi è l’immagine del monaco Adinolfo, l’Abate di San Paolo Giovanni Gaetano Orsini al secolo Papa Niccolò III; fra loro cinque fanciulli bianco vestiti, ovvero i Cinque Santi Innocenti  le cui spoglie vennero trasferite a Santa Maria Maggiore  da Sisto V. Nell’arco dell’abside  sono stati posti alcuni frammenti del mosaico del Cavallini che un tempo adornavano il fronte della Basilica.

 

Il Battistero

 

Fu costruito nel 1930 a croce greca dall’architetto Arnaldo Foschini, con marmi policromi e antiche colonne ioniche; anche i dipinti sono antichi, E’ situato ad un livello più basso rispetto alla Basilica  e ricorda i primitivi battesimi che venivano somministrati per immersione. Sul coperchio del fonte battesimale vi è una preziosa incisione del “Battesimo di Gesù”.

Nel vestibolo che immette sulla Via Ostiense  si trova una colossale  statua di Gregorio XVI opera di Rinaldo Rinaldi, la “Madonna col Bambino tra due Santi” ed alcuni frammenti di mosaico A ridosso di una parete la tomba di Luigi Poletti (morto nel 1879), l’architetto che ricostruì la basilica dopo l’incendio.    

 

Il chiostro

 

Fu iniziato nel 1205 periodo in cui era abate Pietro da Capua e proseguito dopo 20 anni di interruzione  dall’Abate Giovanni di Ardea, come si legge nell’iscrizione metrica latina  che si vede lungo la trabeazione esterna su tre lati. Il nome inciso in angolo: " Magister Petrus fecis hoc opus"i porta a Pietro Vassalletto che ne cominciò la costruzione, poi completata dal figlio, assieme ai Cosmati.  La differenza di stili però, ben visibile  nella sequenza strabiliante  delle colonnine  ornate e variopinte, testimoniano la mano di più  artisti nel creare questo incomparabile gioiello architettonico, che nelle forme gli intrecci le scanalature, nei decori, nei fregi a fiori e palmette  teste di mostri ed animali, si ricollega e ricorda l’antica rappresentazione scultorea etrusca. Sotto il quadriportico sono disseminata monumenti, iscrizioni, bassorilievi, sarcofagi  che per la maggior parte provengono dall’attigua necropoli  della via Ostiense, databili  dal I sec. a.c. al III sec. d.c.  Non trascurabile è la statua di Bonifacio IX  (1389-1404), opera attribuita a Paolo Romano. Di notevole interesse è un sarcofago del IV secolo di Pietro di Leone sui cui fianchi  è rappresentata la “sfida di Marsia” e il “Supplizio di Marsia”; su di  un fronte sono raffigurate “Le muse” e sull’altro tre barche sulle quali vi giocano bimbi alati.

 

Il Campanile

 

Il Campanile è a cinque piani, soprannominato ”il Faro”, per la forma particolare; è a cinque piani: i primi tre a pianta quadrata, il quarto ottagonale ed un tempietto circolare a giorno con colonne corinzie chiude la cella campanaria. Il Poletti lo eresse in sostituzione di quello romano-gotico purtroppo danneggiato dall’incendio.

 

L’Abbazia

 

L’abbazia che fa corpo con la Basilica di San Paolo fuori le mura è benedettina; la sua  storia non può essere scissa da quella della basilica stessa, da cui ebbe origine e ne condivise la sorte  e le vicende attraverso  i secoli. La prima testimonianza di comunità monastiche presso la basilica di san Paolo si ha dal "Praeceptum" marmoreo di San Gregorio Magno (590-604), che si conserva nel museo lapidario Paolino. Il  monastero accolse Papa Paolo I (77566-767) che, ormai vecchio ed osteggiato dall’arcidiacono Teofilatto, qui  morì. Con la soppressione degli ordini religiosi del 1866 e poi per Roma, nel 1870, tutti i loro beni furono confiscati dal governo italiano e quindi anche il monastero di San Paolo si trovò in condizioni precarie, tanto che i monaci potavano rimanere nella loro casa solo come custodi della Basilica che era allora in ricostruzione. La ripresa in pieno dell’Abbazia Ostiense iniziò alla fine del secolo XIX. E continua ancora ai nostri giorni.

 

La Necropoli

 

Nelle immediate adiacenze della basilica, si estende un’'area  sepolcrale che  fu utilizzata dal II sec. a.C. fino al V sec. d.C.

la necropoli si sviluppa su diversi piani sovrapposti ed è un valido documento del passaggio dal rito funerario dell'incinerazione a quello dell'inumazione La zona fu scavata nel secolo XX ma gran delle tombe vennero distrutte  con la costruzione della strada. Ciononostante sono ancora ben visibili diversi i sepolcri posti sotto un'area recintata restaurata in occasione del Grande Giubileo.  Sul lato destro dell’Ostiense in direzione Piramide, vi sono ancora notevoli  sepolcri purtroppo  in cattivo stato di conservazione. Tra le aree sepolcrali visibili e restaurate degno di interesse è il colombario n. 30 costruito nel I. sec. d.C. dalla gens Pontia. La struttura, di forma rettangolare, presenta tre livelli di nicchie poste sui lati maggiori. Su un lato breve situato a nord-est è stato ritrovato un ambiente dove con un podio finemente decorato da pitture che rappresentano una gazzella sbranata da due fiere, motivi floreali e piccoli uccelli posti su due esili pilastri.

 

CURIOSITA’
 

Grazie alle donazioni di Costantino la Basilica abbondava  di meraviglie. Si dice che nel demolire il campanile della basilica venne rinvenuta un’enorme quantità  di monete preziose del X e XXI secolo, provenienti da tutta l’Europa.

 

I ritratti dei Papi

Sull’architrave della navata maggiore  incominciava la serie dei ritratti dei papi, ma dopo il disastroso incendio  del 1823   ne rimasero intatti solo 42: da  san Pietro ad Innocenzo I. Dopo i restauri  i medaglioni originali,  distaccati, furono posti ed ancora conservati sulle pareti del corridoio del monastero, ma in questo “trasloco”, non ci si curò delle iscrizioni  apposte né dell’ordine cronologico.

Oggi si contano 266 medaglioni dipinti, e 28 ancora vuoti.
Una leggenda sostiene che, una volta riempiti tutti i medaglioni, finirà anche il mondo.

 

Papa Onorio III

Nel mosaico veneziano dell’abside vi è una piccolissima figura di papa Onorio III.

Provate un poco ad individuarla!!!

 

La lastra  tombale di San Paolo

Nella Sacrestia è conservata una copia della lastra di marmo che dall’epoca di Costantino custodisce le spoglie di San Paolo.

E’ composta da quattro pezzi irregolari e misura 2,12  1,27.

Dal foro rotondo centrale, nella ricorrenza della festa di San Paolo, veniva calato all’interno del sepolcro un incensiere che veniva rimosso e sostituito l’anno successivo nella medesima festività.

Dagli altri due fori i fedeli introducevano oggetti che poi venivano custoditi con profonda venerazione.

 

Honi soit qui mal y pense

Roma era in continuo pericolo d’incursioni saracene; in compenso riceveva l'omaggio dei monarchi inglesi che, un secolo prima i benedettini avevano convertito al cattolicesimo.Essi venivano in pellegrinaggio sulle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Lasciando alle loro Basiliche ricchi donativi. Forse si deve a questa relazione religiosa se, nel tardo Medioevo, i sovrani d’Inghilterra esercitarono la funzione di protettori su quella di San Paolo. Infatti, gli antichi stemmi degli abati di San Paolo erano rappresentati con attorno allo scudo della spada una cinghia di cuoio col motto dell'Ordine della Giarrettiera: “Honi soit qui mal y pense” (sia maledetto chi pensa male), che fu istituito nel castello di Windsor nel 1344 o 1347.

 

La ricostruzione dopo l’incendio

Nell’abside, tra le grandi colonne vi sono sei grandi lapidi che riportano i nomi dei cardinali e vescovi che presenziarono alla consacrazione della rinata basilica nel dicembre del 1854.

 

Una Schindler’s list all’italiana.

Durante le riprese de "La Porta del Cielo” Vittorio De Sica scritturò 1200 comparse per salvarle dai rastrellamenti tedeschi. Erano Ebrei, partigiani ed intellettuali invisi al potere. Girarono per otto mesi chiusi nella basilica di San Paolo fuori le mura aspettando l’arrivo degli alleati e senza pellicola. Si girerà mai quel film?

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