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S. Maria in Vallicella

Meglio conosciuta come la Chiesa Nuova, è certo uno dei più importanti centri religiosi della città, e forse quello che esprime meglio la spiritualità dell'età controriformistica e barocca, che non è semplicemente riducibile a quello che è stato definito "lo stile gesuita". Sul luogo, che prende il nome da un modesto avvallamento, poi spianato, esistente in età antica, è ricordata una chiesa almeno dal XII secolo, in cui si conservava una miracolosa immagine della Vergine col Bambino. La chiesa è indissolubilmente legata alla figura di S. Filippo Neri, il popolarissimo "Pippo bono" che si prodigò per l'educazione cristiana e il miglioramento della situazione morale dei fanciulli poveri della città, oltre ad un infinità di altre opere di apostolato e di carità, che posero la sua figura al centro delle vicende religiose del tempo. Nel 1575 papa Gregorio XIII gli concesse la chiesa della Vallicella, ed egli pose subito mano alla ricostruzione, ad opera di Matteo da Città di Castello, e poi Martino Longhi il vecchio. La chiesa fu consacrata nel 1599 e la facciata venne compiuta nel 1604. Quindi a rigore la chiesa non dovrebbe essere contemplata tra le chiese barocche; ma la decorazione completamente secentesca dell'interno e la presenza vicina dell'Oratorio borrominiano non possono consentire di escluderla da questa sezione. Come detto la chiesa era officiata dai padri Filippini, che nel 1621 iniziarono la costruzione a fianco di essa di un gigantesco complesso conventuale, che fu terminato solo nel 1666 e al quale Borromini diede la sua inconfondibile impronta. Il complesso, oggi, è uno dei principali centri delle istituzioni e attività culturali cittadine. La chiesa e l'oratorio in origine si affacciavano su di una piazza chiusa, il cui aspetto è andato in larga parte perduto a causa dell'apertura di corso Vittorio Emanuele II intorno al 1885. Nella piazza attuale, la fontana della Terrina, gia in Campo de Fiori, e il monumento a Metastasio. La facciata, così come l'impostazione planimetrica dell'interno, hanno una evidente derivazione dal modello della chiesa del Gesù, seppure totalmente trasfigurato dalla ricchissima decorazione barocca. Spicca immediatamente l'affresco della volta, S. Filippo a cui appare la Vergine (che miracolosamente sorregge il tetto pericolante della chiesa durante i lavori di costruzione), capolavoro di Pietro da Cortona (1664-1665), al quale si devono anche gli affreschi della cupola, dei pennacchi, del catino absidale. L'affresco della volta è incorniciato da stucchi di Cosimo Fancelli ed Ercole Ferrara. Le cappelle sono ricchissime di opere d'arte, di cui si segnalano le più rilevanti: nella cappella a destra del presbiterio, dedicata a S. Carlo Borromeo, della famiglia Spada, su disegno di Carlo Rainaldi, pala di Carlo Maratta con i SS. Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola ai piedi della Vergine (1675). Ai lati del presiterio due ricchissimi organi barocchi. Sull'altar maggiore, e ai due lati, tre grandi pale del pittore fiammingo Peter Paul Rubens (al centro Vergine col Bambino e angeli, che ricopre l'antica immagine miracolosa, ai lati, a sinistra, i SS. Gregorio Magno e Papia; a destra SS. Domitilla, Nereo e Achilleo). Sono gli unici capolavori del grandissimo artista che siano rimasti a Roma. A sinistra del presbiterio la c appella di S. Filippo Neri, composta di due preziosissimi ambienti, il primo ottagonale e il secondo circolare, interamente rivestiti di marmi pregiati, pietre dure e madreperla, progettata da Onorio Longhi (1600-1604). Sotto l'altare sono conservate le reliquie del santo. Nella cappella del transetto sinistro, Presentazione di Maria al Tempio, opera del Barocci. Nella sagrestia una scultura dell'Algardi e altri affreschi di Pietro da Cortona; nella quarta cappella sinistra Visitazione del Barocci e affreschi di Carlo Saraceni. Dalla sagrestia si può accedere, su richiesta, alle camere di S. Filippo Neri, su due piani, ricche di opere d'arte e di testimonianze del santo. Parte integrante della visita della chiesa è quella dell'Oratorio, realizzato da Francesco Borromini tra il 1637 ed il 1640. E' il suo capolavoro, con la facciata che dissimula l'articolazione degli ambienti interni e che riprende in tono minore quella della chiesa adiacente, con una forma leggermente concava ribadita dal nicchione balconato, e uno straordinario timpano triangolare e curvilineo al tempo stesso. Il tutto è sottolineato dall'estrema cura nella lavorazione dei laterizi, che sono modellati delicatamente dalla luce. la forma concava è ispirata all'idea del corpo umano, quasi che si volesse abbracciare chiunque entri nell'Oratorio. L'interno ha una tipica forma borrominiana, rettangolare con gli angoli smussati, con due logge sui lati corti, la loggia dei Musei e Cantori e la loggia dei Cardinali. Anche gli ambienti del convento vero e proprio furono costruiti ed arredati su progetto del Borromini. Ora essi ospitano l'Emeroteca Romana, l'Archivio capitolino e, al secondo piano, sopra l'Oratorio, la splendida biblioteca Vallicelliana, disegnata dal Borromini tra il 1642 ed il 1644, comprese le scaffalature ligne con ballatoi a balaustra cui si accede mediante scale a chiocciola nascoste negli angoli. allo stesso piano ha sede anche la Società romana di Storia patria. All'esterno il complesso, escluso l'Oratorio, presenta forme architettoniche umili e dimesse, per espressa volontà dei padri Filippini, ma all'angolo tra via dei Filippini e via del Governo Vecchio appare la torre dell'Orologio, costruita da Borromini tra il 1647 ed il 1649, che si innalza con superfici alternativamente concave e convesse e che culmina nel coronamento in ferro battuto della cella campanaria. A partire da piazza dell'Orologio si estende uno dei più compatti quartieri di Roma, al confine tra i rioni Ponte e Parione, che conserva più di ogni altro edifici nobiliari e case di età rinascimentale. Esso si snoda lungo l'antica via Papalis, così detta dal passaggio del corteo papale il giorno della presa di possesso della sede vecovile del Laterano.

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