S. Maria in Publicolis
La chiesa
Facciata
Altare laterale
La chiesa
Si trova nel rione S. Angelo. L'appellativo antico fu santa Maria de Publico e, secondo lo Huelsen, tale appellativo derivava dalla vicinanza con il "porticus Minucia frumentaria", vale a dire del frumentum publicum. Già menzionata in alcuni cataloghi nel 1186. Probabilmente nel XIII secolo la famiglia Santacroce ottiene il diritto di patronato sulla chiesa dove costruisce il sepolcreto dei suoi defunti, vero e proprio Pantheon gentilizio della casata. Allo scopo di nobiliare maggiormente la propria origine ricollegandosi con l'antica Roma e farsi ritenere discendenti del console romano Valerii Publicolae (che combattè contro il re etrusco Porsenna), nel XVI sec. i Santacroce, possessori anche del vicino palazzo ora detto "a punta di dimanate" premettono al loro cognome l'altro di Publicola. La chiese perde in tal modo il suo vetusto appelativo per assumere l'odierno. Nel 1465 riceve i primi restauri dalla famiglia Publicola Santacroce. Ridotta nle 1643 in stato d'estrema fatiscenza e minacciando di crollare, il cardinal Marcello la fa demolire, ricostruendola poi dalle fondamentasui disegni dell'architetto Giovanni Antonio De Rossi. Il 1 novembre 1824 la bolla "Super universam" di Leone XII sopprime la cura delle anime annessa alla chiesa, già governata da un rettore ecclesiastico di nomina dei patroni, attribuendone il territorio alle limitrofe parrocchie di S. Carlo ai Catinari, S. Maria in Monticelli e S. Maria in Campitelli. Nel 1858 la famiglia Publicola Santacroce cede la chiesa, insieme con la piccola casa adiacente, al venerabile Gaetano Errico, fondatore nel 1835 della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori. Ad oggi la chiesa è l'unica a Roma ad essere dedicata alla Natività di Maria Santissima. La facciata del De Rossi è a due ordini bizzarramente invertiti: in basso semicolonne ioniche; paraste doriche in alto. Vi si riscontrano, alquanto affastellati, i consueti motivi decorativi del suo autore. Attico caratteristico raccordato da minuscole volute all'ordine superiore, ove il finestrone oblungo, forse modifica più tarda, spezza l'armonia delle linee e attenua lo slancio verticale della composizione. I fianchi della chiesa sono incuneati nelle case loro addossate. L'interno è a navata unica con sei pilastri in stucco; con due cappella laterali ed un ampio presbiterio coperto da cupoletta ovale. Il pavimento è ricco di lastre tombali quattro, cinquecentesche. Tra di esse quella d'Alfonso (1472) con ritratto in bassorilievo dell'estinto. L'organo è dell'architetto Guido Guidi. La cripta è tuttora inesplorata. Conserva ancora oggi le sepolture della famiglia Santacroce.