S. Maria in Aracoeli
La chiesa
Campanile
Pavimento cosmatesco
La chiesa
Popolarissima tra tutte le chiese romane, e ricca come poche altre di riferimenti storici, artistici, religiosi e leggendari, questa chiesa meriterebbe da sola un sito specifico. Sorge, secondo la leggenda, sul luogo dove Augusto Imperatore, consultando la Sibilla, ne ebbe la predizione (e la visione) del Cristo venturo, onde ordinò l'erezione di un altare per il sopravveniente sovrano celeste, da cui il termine Aracoeli. Mentre le conoscenze archeologiche, peraltro scarse, ci dicono che la chiesa è sorta sul luogo dell'antichissimo Auguraculum, piattaforma panoramica da cui i sacerdoti romani traevano, mediante l'osservazione del volo degli uccelli, gli auspici relativi alle vicende della città di Roma. Sempre secondo la tradizione , un primo luogo di culto vi fu eretto da S. Elena, madre dell'imperatore Costantino, ma i primi dati certi parlano di un monastero benedettino insediatosi sul luogo nel VI secolo, mentre una prima chiesa monumentale venne costruita a metà del XII secolo, in stile romanico, sull'area dell'attuale transetto, guardando con la facciata verso piazza del Campidoglio. Nel 1250 ai Benedettini succedono i Francescani, che stabiliscono qui la propria sede generalizia, e viene intrapresa la ricostruzione monumentale dell'intero complesso, secondo uno stile gotico moderato, proprio delle costruzioni dell'Ordine. L'orientamento della chiesa non è più verso il Campidoglio e verso il vecchio centro cittadino, bensì in direzione della nuova città medioevale, cioè verso il centro d'attrazione costituito da San Pietro. L'architettura, nel suo impianto generale, è stata attribuita ad Arnolfo di Cambio, il che, sebbene non vi siano documenti, risulta abbastanza plausibile, mentre la maggior parte degli interventi pittorici furono affidati a Pietro Cavallini, e di essi rimane oggi poco o niente. La costruzione, proseguita negli anni, fu interrotta dalla cattività avignonese dei pontefici dopo il 1308, e completata nei decenni successivi in forme più modeste rispetto al grandioso progetto iniziale, concludendola nel 1348 con la monumentale scalinata esegiuta come ex voto per la difesa di Roma dalla peste nera di quegli anni, utilizzando per la prima volta marmi provenienti dal Colosseo. A metà del cinquecento una serie di interventi portò alla ricostruzione dell'abside e poco dopo alla decorazione del soffitto in memoria del trionfo qui celebrato da Marcantonio Colonna dopo la vittoria sui turchi a Lepanto. Nel 1880 circa l'intero complesso conventuale, che comprendeva anche una torre detta di Paolo III poichè il pontefice di casa Farnese vi soggiornava d'estate, fu raso al suolo per l'erezione del monumento a Vittorio Emanuele II (Vittoriano) la cui mole incombe sulla basilica capitolina. Salendo la ripida scalinata ci si trova di fronte la nuda facciata a guscio trecentesca, nella quale si aprono tre bei portali di poco più tardi. L'interno è a tre navate, divise da colonne antiche di spoglio, in marmi diversi. Il pavimento cosmatesco, più modesto rispetto a quello ricchissimo del transetto, testimonia della seconda fase di costruzione della chiesa. Nella controfacciata, oltre ad una iscrizione celebrativa opera del Bernini, a destra del portale si trova un monumento funebre opera di Andrea Bregno. A sinistra, una pietra tombale è opera di Donatello, con due notevoli esemplari di scultura quattrocentesca. La navata ricoperta dallo splendido soffitto cinquecentesco di cui abbiamo gia detto, è decorata da una serie di affreschi tardosecenteschi. Nella navata destra, la prima cappella, Bufalini, è completamente affrescata con le Storie di S. Bernardino, soave opera del Pinturicchio, datata 1486. Dopo la settima cappella, si apre un ingresso laterale, già vano del campanile della chiesa del XII secolo, nel quale sono conservati brani affrescati cavalliniani. Uscendo dal portale si può vedere la struttura del campanile conservata nei primi due piani, oltre ad una splendida lunetta a mosaico raffigurante una Madonna col Bambino, attribuibile a Jacopo Torriti. Da qui è possibile vedere alcuni elementi gotici superstiti dell'architettura della chiesa. Rientrati all'interno, il transetto destro termina nella cappella Savelli, su disegno settecentesco di Filippo Raguzzini. Alle pareti destra e sinistra monumenti funebri di Onorio IV Savelli e di Luca Savelli (1287), elevati esempi di arte cosmatesca, forse il secondo con attributi arnolfiani. A destra dell'abside, nella cappella di S. Rosa, mosaico con la Vergine in trono, santi e donatore, anch'esso della fine del duecento e attribuito sia a Cavallini che a Torriti. Alla congiunzione tra la navata mediana e il transetto due amboni cosmateschi, databili circa al 1200. ottenuti da un unico pulpito della chiesa precedente. Sopra l'altare maggiore, la venerata immagine della Madonna d'Aracoeli, icona bizantina dell'XI secolo. Nel transetto sinistro un tempietto ricostruito nell'ottocento è dedicato a S. Elena, le cui reliquie furono qui traslate nel XII secolo. E' visibile ad un livello più basso, un altare del XII secolo con raffigurata l'Apparizione della Vergine ad Augusto. Dal transetto destro si accede alla cappella del Bambino, dove si conservava la veneratissima statua del Santo Bambino d'Aracoeli, prima del furto sacrilego del 1994 di cui rimase vittima. Sempre nel transetto sinistro, monumento funebre del Cardinale Matteo d'Acquasparta (1302), con una bella edicola gotica nella quale vi è una Madonna col Bambino, santi e il cardinale, affresco attribuito a Pietro Cavallini. Nelle cappelle della navata sinistra ricca serie di tele e sculture dal quattrocento al settecento. Da notare, nell'ottava, due tele con le Storie di S. Margherita, di Marco Benefial, nella quinta un bel monumento funebre quattrocentesco, e nella terza, S. Antonio da Padova tra due donatori, quanto rimane di un ciclo di affreschi ad opera di Benozzo Gozzoli, che un tempo decoravano l'intera cappella (1454-1458).