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S. Macuto

Un’altra delle piccole chiese di Roma quasi “sommerse” dalla vi­cinanza di templi di ben maggiore importanza e imponenza, in que­sto caso la mole della chiesa di S. Ignazio. Si affaccia sull’omonima piazzetta, e la sua denominazione vera e propria è S. Maclovio. E’ ricordata a partire dal 1192; nel 1538 fu ceduta alla confraternita dei Bergamaschi, che nel 1577-79 ne intra­presero la ricostruzione su progetto di Francesco da Volterra. Nel 1726 fu concessa ai Gesuiti come chiesa del Seminario Romano, purché procedessero alla contestuale sistemazione della piazza di S. Ignazio, da cui la «teatrale» scena raguzziniana; tuttora fa parte del Collegio Bellarmino. La facciata è assai graziosa, a due ordini spartiti da lesene, l’infe­riore con un portale a timpano, il superiore con una bella finestra a serliana, il timpano è coronato da piccoli obelischi. L’interno della chiesa oggi non presenta più alcun elemento di particolare interesse. Il motivo degli obelischi sulla facciata deriva dal fatto che in origi­ne davanti alla chiesa si trovava un obelisco egizio che era stato rin­venuto nel corso dei lavori per la costruzione del convento dei Do­menicani di S. Maria sopra Minerva, nel 1374, e che ai primi del Quattrocento era stato lì eretto, poi nel 1711 trasferito da papa Cle­mente XI sulla fontana di piazza della Rotonda. Adiacente a S. Macuto, sulla sinistra, è il palazzo Gabrielli, della metà del Cinquecento, dal 1607 sede del Seminario Romano, ora del Collegio Bellarmino; più oltre, lungo via del Seminario, il pa­lazzo Serlupi Crescenzi, eretto nel 1585 su progetto di Giacomo Della Porta, e considerato il suo capolavoro (da notare il grandioso cornicione a mensole). Il palazzo è tuttora appartenente ai marchesi Serlupì-Crescenzi, esponenti della più antica nobiltà romana.

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