S. Lorenzo in Damaso
La chiesa
Interno
Monumento a S. Ippolito
La chiesa
Questa chiesa è un’altra delle «invisibili» di Roma, e non tanto perché sia piccola e fuori di mano, quanto perché è completamente inglobata nel grande dado del palazzo della Cancelleria, sull’omonima piazza che si apre su corso Vittorio Emanuele II. Eppure è la più importante, per storia e memorie, delle chiese che si trovano nella piana del Campo Marzio. Deve la sua origine a papa Damaso (366-384), il primo ad attribuirsi il titolo di pontefice massimo, che a pochi metri dalla basilica attuale fece erigere quella primitiva, dedicata al santo martire (che fu anche amministratore e tesoriere della Chiesa romana), costruendovi accanto il palazzo sede degli archivi apostolici; resti di questa basilica sono venuti alla luce a partire dal 1988 in occasione di scavi nel cortile dell’attuale palazzo della Cancelleria. La chiesa fu integralmente ricostruita e leggermente spostata in occasione della costruzione del gigantesco palazzo cui è stata sempre inestricabilmente connessa, tra il 1484 e il 1495, e fu riccamente adornata di opere d’arte nel corso del Cinquecento;Gian Lorenzo Bernini rifece nel 1640 presbiterio, abside e confessione. Al tempo della prima repubblica romana, nel 1798, fu trasformata in scuderia per le truppe francesi e gravemente deteriorata, cosicché Giuseppe Valadier effettuò radicali restauri tra il 1807 e il 1820; infine ulteriori restauri, col ripristino dell’aspetto rinascimentale, si ebbero nel 1868 e nel 1939. Entrando per il portale, opera del Vignola, sì accede a un doppio portico interno, ad arcate su pilastri, con volte a crociera, che si prolunga nelle due navate laterali. Subito a destra dell’ingresso, monumento di Alessandro Valtrini, di scuola berniniana. Alla sinistra del primo portico cappella del SS. Sacramento, eseguita da Ludovico Rusconi Sassi nel 1732-36, a destra cappella di S. Niccolò, rifatta da Nicola Salvi nel 1743, con affreschi di Corrado Giaquinto e pala d’altare di Sebastiano Conca, raffigurante la Vergine col Bambino e i SS. Filippo Neri e Nicola da Bari. Sui pilastri che dal secondo portico immettono alla navata centrale due statue di Stefano Maderno. Nella navata destra, la cappella del Crocifisso, con un crocifisso ligneo di scuola romana del Trecento di fronte al quale forse pregò S. Brigida di Svezia. Più oltre l’ottocentesca cappella del Sacro Cuore, col monumento a Pellegrino Rossi, il primo ministro di Pio IX che fu assassinato il 15 novembre 1848 sullo scalone del palazzo della Cancelleria. L’abside, come detto, è stata completamente rifatta nell’Ottocento, ma conserva la pala d’altare di Federico Zuccari con l’Incoronazione di Marta e santi. Il baldacchino, su quattro colonne di alabastro, è opera di Virginio Vespignani; anche le decorazioni della navata centrale sono dello stesso. Nella navata sinistra, la cappella del Sacramento, progettata e decorata da Pietro da Cortona, i cui affreschi sono ora scomparsi; all’altare, la preziosa immagine della Vergine di Grottapinta, qui trasferita nel 1465, tavola della prima metà del secolo XII in origine nella vicina chiesa di S. Mana di Grottapinta. Più oltre, monumento di Annibal Caro, l’umanista della corte farnesiana celeberrimo traduttore dell’Eneide. Accanto alla sagrestia, la sala del Capitolo, con una volta riccamente decorata a grottesche del primo Cinquecento, assai vicine allo stile di Giovanni da Udine. Del palazzo della Cancelleria si può solo accennare qui, data la sua importanza: costruito per volontà del cardinal Raffaele Riario tra il 1485 e il 1513 su progetto di Bramante, come vuole una lunga tradizione storiografica, ospitò poi la Cancelleria Apostolica e durante l’occupazione napoleonica i Tribunali (sopra il portale si può ancora leggere la scritta «Corte Imperiale»), mentre oggi il palazzo, che gode dell’extraterritorialità, è sede tra l’altro del Tribunale della Sacra Romana Rota.