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S. Giovanni Decollato

Dispiace che questa chiesa, con l’adiacente complesso, conventua­le, sia spesso chiusa, poiché si tratta, per arte e per storia, di un insieme di grande importanza. Nel 1488 nasce a Firenze l’Arciconfraternita della Misericordia con lo scopo di assistere i condannati a morte, che due anni dopo, nel 1490, è presente anche in Roma e ottiene da papa Innocenzo VIII l’area attuale su cui stabilirsi, dove viene iniziata la costruzione dì un complesso conventuale, procrastinata fino alla metà del Cinque­cento, realizzando uno dei più significativi esempi della presenza del Manierismo toscano in Roma. Il tutto si è conservato sostanzial­mente integro fino a oggi, con dei restauri nel Sette e nell’Ottocento che non hanno apportato modifiche sostanziali. La facciata della chiesa, completata nel 1504, è assai austera e ri­sulta sopraelevata rispetto alla strada, come tutti gli edifici della via, a causa dell’abbassamento delle quote stradali in seguito ai la­vori di sistemazione archeologica degli anni Trenta del XX seco­lo. L’interno è una vasta aula, a navata unica, completamente de­corata da pitture e stucchi: alle pareti figure di santi, opera di pitto­ri manieristi fiorentini tra il 1580 e il 1590; al primo altare destro Natività del Battista, di Jacopo Zucchi (1585), al secondo Increduli­tà di S. Tommaso, di Giorgio Vasari (1580), segue la Visitazione, di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio. Sopra l’altar maggiore, settecentesco, la Decollazione del Battista, del Vasari (1553), al se­condo altare sinistro il Martirio di S. Giovanni Evangelista, di Gio­van Battista Naldini (1580), al primo l’Assunzione di Maria, di Ja­copo Zucchi. Dal vestibolo d’ingresso si accede anche all’oratorio, eretto tra il 1530 e il 1535, decorato entro il 1553 dai più ragguardevoli espo­nenti del Manierismo toscano, e dove tuttora si riuniscono i confra­telli in preghiera; a destra, la Predica del Battista, di Jacopino del Conte (1535), poi la Nascita del Battista (1551) e la Visitazione (1538), di Francesco Salviati (in quest’ultima il personaggio barbuto è Michelangelo, che fu membro dell’Arciconfraternìta). Segue l’An­nuncio a Zaccaria, di Jacopino del Conte; dello stesso è la pala d’altare con la Deposizione, mentre i SS. Bartolomeo e Andrea ai lati sono del Salviati; sulla parete sinistra, la Decollazione del Batti­sta (1553), poi la Danza di Salomè, di Pirro Ligorio (1550), l’Arre­sto del Battista, di Battista Franco (1541) e il Battesimo di Cristo, di Jacopino del Conte (1541). Si accede poi al chiostro, ricostruito nel 1600 da Clemente VIII, dove sono conservate numerose lapidi sepolcrali e a terra sette chiu­sini circolari che accoglievano i resti dei condannati, mentre in un ambiente adiacente sono conservati documenti e cimeli dell’Arci­confraternita, tra cui il cesto che accolse il capo di Beatrice Cenci, il cappuccio di Giordano Bruno, e numerose tavolette lignee a sog­getto sacro che venivano offerte alla vista e alla devozione del con­dannato fino all’estremo momento. I confratelli, nella ricorrenza del 29 agosto, giorno del ritrovamento in Siria del capo del Batti­sta, avevano la facoltà di liberare un condannato a morte, che poi veniva portato in processione qui. Occorre ricordare che le esecuzio­ni, nell’Ottocento, si svolgevano nell’adiacente piazza dei Cerchi, dove ora si accede agli uffici elettorali del Comune. Poco distante, la chiesa di S. Eligio dei Ferrari, di proprietà del­l’omonima confraternita, costruita nel 1561-62, che sull’altar mag­giore conserva una pala con Madonna in trono, S. Giacomo e i ve­scovi Eligio e Martino, splendida opera di Gerolamo Siciolante da Sermoneta (1560-70). Vale la pena di notare il complesso di case che lungo questo lato della strada si estende fino a S. Giorgio in Velabro, tra le prime ini­ziative di edilizia «popolare», sorto nel 1857 per volontà di Pio IX.

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