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S. Giovanni Calibita

Certamente una delle chiese più neglette della città, per la sua posizione sull'Isola Tiberina, inserita nel grande complesso del Fatebenefratelli e occultata dalla maggior notorietà dell'altra chiesa insulare, San Bartolomeo, sebbene risulti uno dei più graziosi esempi di architettura sacra "minore" del Settecento. Ricordata fin dal 1018, fu ceduta nel 1584 all'arciconfraternita di S. Giovanni di Dio, dedita alla cura dei poveri, che vi trasferiva il proprio ospedale già a piazza di Pietra. Ricostruita nel 1640, ebbe una nuova facciata nel 1741 ad opera di Romano Carapecchia, allieva di Carlo Fontana, oltre ad un completo rinnovo della decorazione interna nel 1741. Il campanile settecentesco fu costruito "in stile" da Cesare Bazzani nel 1930, quando intraprese la ricostruzione quasi integrale del complesso ospedaliero del Fatebenefratelli. L'interno è decoratissimo, e costituisce un compatto insieme settecentesco. Nella volta dell'unica navata la Gloria di S. Giovanni di Dio, una delle migliori composizioni di Corrado Giaquinto, databile al 1741/42. Al primo altare destro la Madonna della Lampada, ritenuta miracolosa perchè la lampada che aveva davanti non si spense anche se sommersa da un'alluvione. Segue l'accesso alla sagrestia, che ha nella volta un affresco con i Fatebenefratelli che assistono gli infermi, attribuito a G.P. Schor, inoltre vi sono arredi settecenteschi e rifatti "in stile". Pure l'apparato decorativo del presbiterio è una sontuosa creazione di Corrado Giaquinto che ha anche ritoccato la seicentesca pala d'altare. L'altare maggiore possiede un prezioso paliotto del primo Settecento in marmo e madreperla. Sul lato sinistro della navata il Transito di S. Antonio Abate, di Corrado Giaquinto. Gli adiacenti ambienti dell'ospedale conservano begli arredi e decorazioni settecentesche, notare soprattutto la cosiddetta Sala Assunta e la Sala Capitolare con la Flagellazione dipinta nel 1640 da Mattia Preti.

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