S. Giacomo in Augusta
La chiesa
Interno
Busto
La chiesa
La storia della chiesa è indissolubilmente legata a quella dell’omonimo ospedale (dove per la cronaca è nato il sottoscritto webmaster), detto «in Augusta» perché sorto in prossimità del Mausoleo di Augusto nel 1339, a opera del cardinale Pietro Colonna, per accogliere i pellegrini che giungevano a Roma dalla via Flaminia, per porta del Popolo, in una zona ai margini dell’abitato, che fino alla metà del Cinquecento terminava all’altezza di S. Lorenzo in Lucina. Tutto l’insieme fu ricostruito a partire dal 1583 per opera di Francesco da Volterra, alla cui morte subentrò Carlo Maderno, che completò la chiesa nel 1602. La facciata, amplissima e altissima, è dovuta al primo per l’ordine inferiore, al secondo su disegno del primo per l’ordine superiore, ed è anch’essa un’applicazione dei canoni artistici e liturgici della Controriforma sanciti dal Concilio di Trento (dall’interno dell’ospedale si può ammirare la bella parte absidale e le grandiose volute che sostengono la spinta della cupola). L’interno della chiesa è a pianta ellittica, con tre cappelle per lato, di grande vastità e spaziosità; gli affreschi della volta sono tardo-ottocenteschi. E’ da notare la preziosità degli arredi, tra cui i confessionali settecenteschi; nella seconda cappella destra, Adorazione dei Pastori, pala d’altare di Antiveduto Grammatica (1624). La cappella maggiore possiede un grandioso altare in marmi pregiati, oltre a preziosi lavori di ebanisteria secentesca; la seconda cappella sinistra (dei Miracoli) è di grande ricchezza, con una pala scultorea d’altare opera di Pierre Le Gros (1716) raffigurante la Madonna dei Miracoli e S. Francesco di Paola; in una edicola la Madonna col Bambino, detta dei Miracoli, immagine quattrocentesca un tempo in una torre delle Mura Aureliane. Notare nel battistero una Resurrezione, splendida tela di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, i cui valori cromatici sono di tarda eredità manierista. Ai lati della facciata della chiesa prospettano le due testate dell’ospedale, risalenti, come tutto l’insieme, alla ricostruzione decisa in forme sontuose da papa Gregorio XVI, che ne incaricò l’architetto Pietro Camporese, il quale eseguì l’opera negli anni 1842-1844, in un gusto che è quello proprio dell’architettura di metà Ottocento a Roma, al passaggio da un tardo neoclassicismo alle esercitazioni di stile neo-cinquecentesco. La facciata principale dell’ospedale prospetta su via Antonio Canova, che prende il nome dalla presenza, all’angolo con via delle Colonnette, dello studio dove il Canova eseguì le sue sculture dal 1784 all’anno della morte, il 1822. Nella muratura piuttosto spoglia sono inseriti una grande quantità di frammenti scultorei antichi, probabilmente dallo stesso Canova. L’estremità opposta dell’ospedale si affaccia su via di Ripetta, dove è anche la piccola chiesa che un tempo era dì pertinenza del cimitero dell’ospedale qui situato e che ha il nome di S. Maria portae Paradisi. Questa chiesa nell’aspetto attuale risale a una ricostruzione effettuata nel 1523 da Antonio da Sangallo il Giovane, ed è un piccolo gioiello di architettura rinascimentale. Sopra il portale, una Madonna col Bambino, scultura di Andrea Sansovino (1509); l’interno, a pianta ottagonale, è stato ristrutturato da Giovanni Antonio de Rossi (1645), con una ricca decorazione a stucchi, opera di Antonio Naldini. Ai lati dell’altar maggiore i monumenti funebri dì Matteo Caccia, opera di Cosimo Fancelli (1645) e di Antonio di Burgos, opera di Baldassarre Peruzzi (1526); nella cappella sinistra, Gesù e i SS. Giacomo, Giovanni Evangelista e Maria Salomè, altorilievo marmoreo del Fancellì (1645). La sistemazione ottocentesca del quartiere attorno all’ospedale comprese anche, sempre all’epoca di Gregorio XVI (1831-1846), la costruzione sul lato opposto della via di Ripetta, dell’Accademia di Belle Arti, anche questa a opera dell’architetto Camporese (1845).