top of page

S. Eligio degli Orefici

La chiesa di s. Eligio è uno dei maggiori gioielli del pieno Rina­scimento che vi siano in Roma, eppure risulta sorprendente quanto poco sia conosciuta e quanto poco, soprattutto, si faccia per ren­derla accessibile alla conoscenza dei più. E’ di grande importanza per essere una delle pochissime architet­ture superstiti di Raffaello, che ne iniziò la costruzione nel 1516, per volontà della corporazione degli Orefici, su di una strada tra­sversale a via Giulia, la grande arteria da poco tracciata da Giulio II che ambiva a costituire il nuovo centro della città rinascimentale. Non ancora completata alla morte di Raffaello, nel 1520, i lavori furono proseguiti da Baldassarre Peruzzi che la condusse a termine dopo il 1526. La facciata della chiesa, crollata nel 1601, fu ricostruita a opera di Flaminio Ponzio, che si mantenne fedele al progetto originario di Raffaello. L’interno è a croce greca, con una splendida cupola emisferica su tamburo attribuibile al Peruzzi e, nonostante le ridot­te dimensioni, è un gioiello di armonia e monumentalità. Nell’abside affreschi di Matteo da Lecce e Taddeo Zuccari; nei pennacchi delle cappelle laterali, Sibille, del Romanelli; dello stesso è anche l’Adorazione dei Magi sull’altare destro (1639), mentre sul sinistro Adorazione dei pastori, di Giovanni de Vecchi (1574). L’ambiente urbano in cui sorge adesso la chiesa è terribilmente modificato rispetto al suo aspetto originario, a causa della costru­zione dei lungotevere che hanno infossato la strada e la chiesa, ag­giungendosi poi la mole, fronteggiante la chiesa, del liceo Virgilio, che ha ulteriormente soffocato l’edificio. Accanto alla chiesa, ai nn. 7-8, una casetta del XV secolo, rara testimonianza di edilizia civile quattrocentesca.

bottom of page