Fontana del Mosè
Indirizzo
P. S. Bernardo
Zona
rione: Trevi - Castro Pretorio
Autore
D. Fontana L. Sormani P. Antichi (1587)
Committente
Sisto V Peretti
Acqua
Felice
Fra le molteplici opere che dobbiamo attribuire al pontefice Sisto V Peretti, ve ne è una della quale andò talmente orgoglioso che volle dargli il suo nome: l'acqua Felice, che egli portò a Roma ripristinando l'acquedotto Alessandrino. Questa fontana ne è veramente l'altare, davanti al quale ci troviamo in rispettosa osservazione comprendendo che si tratta della mostra della famosa acqua dell'altrettanto famoso ed orgoglioso papa. Come possiamo non ricordarlo con tutto quello che ha fatto, se ancora oggi abbiamo davanti gli occhi quella che sembra essere nata più come pretesto per sostenere la grande iscrizione commemorativa che per dare al piacere di tutti una bella fontana. Sembra che con il suo ammasso di linee sproporzionate non sia esattamente quella che si possa definire una delle più belle di Roma, dato che appare in così forte contrasto anche con il nome dell'acqua che porta, dato che potrebbe benissimo chiamarsi "infelice". A questo punto, il minimo che possiamo fare è leggere almeno l'iscrizione traducendola debitamente dal latino: "Sisto V Pont. Mass. Piceno condusse acqua raccogliendone sulla sinistra della via Prenestina mediante un tortuoso condotto lungo venti miglia dal ricettacolo e ventidue dalle sorgenti e la chiamò Felice dal proprio nome precedente il pontificato". Questa è comunque altrettanto nota come la fontana del Mosè prendendo il nome dalla statua scolpita da Leonardo Sormani nel 1588, aiutato da Prospero Antichi da Brescia. Il disegno dell'opera lo dobbiamo a Domenico Fontana. In un primo tempo venne realizzata solo la struttura essenziale senza i quattro leoni, il Mosè, Aronne e Giosuè. E' per abbellirla, con queste sculture, che Domenico e Giovanni Fontana vennero autorizzati, come di consueto in quel periodo, a far man bassa dei marmi e delle pietre degli antichi monumenti. L'ispirazione per il Mosè pare dovesse venire da un disegno che Michelangelo aveva fatto per una fontana (poi mai realizzata) da porsi in Vaticano. Sisto V appioppò la bella responsabilità di emulare Michelangelo al povero Sormani, che cercò di farsi coraggio con l'aiuto di Prospero Antichi. A proposito di quest'ultimo, si tramanda un simpatico aneddoto che ha fatto credere per molto tempo che egli fosse il vero autore del mastodontico Mosè. Si racconta che fosse talmente orgoglioso e sicuro di scolpire un nuovo capolavoro, che cominciò a lavorare l'enorme cubo di marmo senza ascoltare consigli e giudizi di amici, o di chiunque rimanesse stupito dalle proporzioni esasperate dell'opera che ne emergeva. Finita la fatica, gli cadde improvvisamente il velo dagli occhi e, riuscendo a guardare, finalmente in modo critico il suo operato, ne provò tanto orrore che ne morì. Dai registri di pagamento della camera apostolica, ci viene comunque la verità, e cioè che l'autore dell'orrore fu senz'altro Leonardo Sormani, solo aiutato in parte dall'Antichi. Non ci risulta nemmeno che la delusione abbia causato la morte ad alcuno dei due. Dai documenti risulta che Domenico Fontana aveva pattuito di dare 1000 scudi per la realizzazione di detto Mosè e prima ne dette 550 ai due scultori in data 28 gennaio 1588, mentre il 16 settembre dello stesso anno, 450 scudi vennero dati in saldo solo al Sormani: "Per resto et intero pagamento di scudi 1000 che se li paga per la statua del Moyse da esso fatto d'ordine nostro, posta alla fontana dell'acqua Felice". Certo ne è venuta fuori una statua non esattamente michelangiolesca ma comunque mastodontica sviluppando oltre quattro metri di altezza comprese le corna luminose sulla fronte. Sotto la direzione del Fontana, furono dunque eseguite le altre sculture ad opera di vari artisti, non per i quattro leoni gettanti acqua già scolpiti da ben più antichi autori e che furono prelevati da zone diverse. I due laterali di porfido provengono dalla piazza del Pantheon e gli altri due di marmo vengono dai fianchi della porta di S. Giovanni in Laterano. Vennero comunque fatti sostituire tutti nell'800 da papa Gregorio XVI con delle copie. Gli originali sono tuttora nei Musei Vaticani.