Fontana Bocca di Leone
Indirizzo
P.zza G. G. Belli
Zona
rione Ludovisi
Autore
Maraini-G. Ugo (1927)
Committente
I.N.A.
Acqua
Marcia
Il mascherone
Nel tratto compreso tra via Frattina e via Condotti (di solito si dice: via Condotti, ma l’esatta toponomia sarebbe: Dei condotti, dalle condutture dell’acqua Vergine che passavano lungo questo tratto per portare l’acqua sia verso le case basse di Roma, sia verso fontana di Trevi, ma per la regola per cui “error communis facit ius”, l’uso quotidiano determina la nuova e consueta dicitura), Via bocca di Leone si apre in uno slargo, una specie di piccola piazzetta, una volta denominata piazza Torlonia. La strada fu voluta da Don Martino Torlonia quando acquistò il palazzo all’angolo di via Condotti; e volle che il prospetto principale vi si affacciasse. Il palazzo, realizzato su disegno di G. A. De Rossi, dai baroni Nunes, era passato prima al principe di Mussignano e di Canino, poi a don Carlo Bonaparte che, a sua volta, l’aveva venduto ai Torlonia. Don Martino, affidando i lavori all’architetto Antonio Sarti, apportò notevoli restauri e modifiche al palazzo, demolendo fra l’altro due edifici antistanti e aggiungendo al prospetto principale la fontana-sarcofago trabeata, a cui facevano ombra due preziosi e quanto mai rari alberi di pepe, che però furono tra i primi a scomparire. La fontana è composta da un sarcofago marmoreo a bassorilievo in cui figure di fauni e giovani fanciulle si dispongono simmetricamente rispetto ad un medaglione centrale raffigurante un busto di uomo togato. L’acqua affluisce al sarcofago da un antico mascherone murato, posto sull’asse di simmetria della composizione e ne fuoriesce da due cannelle poste alla base del sarcofago stesso che è sollevato e sorretto da due possenti zampe leonine. L’acqua si raccoglie a terra in una vasca marmorea semicircolare protetta da due colonnine cilindriche di marmo bigio. Due paraste poste a lato del sarcofago sorreggono un arco nella cui lunetta campeggiavano due leoni posti a protezione dello stemma dei Torlonia. Il principe tenne in particolar modo a sottolineare chi volle la fontana, di chi fosse l’area, chi ne pagò le spese e per questo pose una lapide, riportando, (eccesso di pignoleria!) perfino le misure.