Fontana Bocca della Verità
Indirizzo
P.zza Bocca della Verità
Zona
rione Ripa
Autore
Bizzaccheri, Bai, Moratti (1717)
Committente
Clemente XI Albani
Acqua
Felice
Quando Clemente XI, intorno al 1717, decise di far pulire e sistemare la piazza davanti alla basilica di Santa Maria in Cosmedin, dette il compito all’architetto Carlo Bizzaccheri di edificare questa fontana. La cosa più bella dell’opera, è senz’altro il disegno della vasca a forma ottagonale con i lati concavi, che forma una stella a otto punte. Il Bizzaccheri si ispirò infatti, allo stemma di Papa Clemente XI Albani, e affidò allo scultore Filippo Bai la creazione del brutto gruppo di massi in travertino che si ergono al centro della vasca. Al disopra di questi vi sono due tritoni con le code intrecciate, scolpiti da Francesco Moratti, che, volgendosi la schiena portano sulle spalle, aiutandosi con le braccia alzate, un grosso catino. Sui lati opposti di questo, sono scolpiti i tre monticelli sovrastati da una stella, appunto del Papa Albani. L’ispirazione per questa fontana sembra senz’altro Berniniana, come possiamo notare, soprattutto per le rocce e i tritoni, anche se tutto il gruppo scultoreo, visto ad altezza d’uomo, crea un certo fastidioso ammasso di linee, forse un po’ rozze, ma se riusciamo a guardare la fontana da un punto più alto: allora ne risalterà il bel disegno della vasca, come quello di un fiore che aprendosi lascia uscire la parte centrale: solo in questo modo, il gruppo centrale dell’opera sembra finalmente integrarsi con tutto il resto.La suggestione della fontana ci deriva soprattutto dalla posizione in cui fu collocata piuttosto che dalla bellezza delle fattezze. Se proviamo a guardarla da diversi punti di vista, vedremo il repentino mutamento dello scenario su cui viene a trovarsi proiettata. Tralasciando il rapido scorrere veloce del traffico sul lungotevere, lo sguardo si posa sulla rotondità del tempio di Vesta, sulle sue colonne scanalate, il rosso tetto in laterizio e dal misterioso interno celato dalla intensa e fitta ombra; si passa alla lontana prospettiva dell’Arco di Giano che nasconde la sagoma di San Giorgio al Velabro. Rapidamente si supera la severa e rigida sagoma del palazzo comunale e passiamo alla bella Santa Maria in Cosmedin, al suo porticato che cela l’accesso alla basilica e ci incuriosisce sia con il costolone di cetaceo che pare approdato sulle coste laziali in tempi lontani, ma soprattutto con il grande mascherone, famoso sia come oracolo che come giudice: l’introduzione di una mano all’interno della sua enorme bocca decretava l’innocenza in caso di ritorno indenne o la colpevolezza del malcapitato. Sulla verità o meno dell’imparzialità della bocca abbiamo ovviamente i nostri leciti dubbi.