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Fontana dell'Acqua Acetosa

Indirizzo

P.le Acqua Acetosa

 

Zona

Parioli

 

Autore

Bernini? A. Sacchi 1655-1667

 

Committente

Alessandro VII

 

Acqua

Acetosa

Un luogo ameno, immerso nel verde, vicino alla riva sinistra del Tevere, un luogo per incontri romantici, sosta per i viandanti che si accingevano a raggiungere Roma attraverso la Porta del Popolo e la via Flaminia. Tutto ciò che sembra suggerirci l'incisione del Falda del 1600: "Un luogo quasi sacro e ricco di virtù cui dover dare una buona immagine".  Papa Alessandro VII dovette aver questo pensiero bevendo l'acqua dal sapore ferruginoso che tanto era stata apprezzata dal suo predecessore Papa Paolo V. Questi a sua volta aveva fatto costruire, a opera del Vasanzio, una modesta fonte nella cui epigrafe assai decantava le virtù terapeutiche dell'acqua Acetosa (...fa bene ai reni, stomaco, milza, fegato e utile a mille mali). La vicinanza con la via Flaminia (e la fontana di Giulio III) e con la Porta del Popolo (su disegno del Bernini) doveva essere, secondo Papa Alessandro VII, l'elemento in base al quale elaborare il progetto della fontana: un ninfeo, quasi a sottolineare la sacralità del luogo, costituito da un'esedra tripartita alla cui base si disponevano le tre vasche con le rispettive bocche d'acqua, mentre il coronamento si articolava con un timpano concavo riportante l'epigrafe di Papa Paolo V, quella della precedente sistemazione in cui si sottolineavano le virtù dell'acqua stessa. E' assai discussa l'attribuzione artistica dell'opera in quanto i riferimenti farebbero pensare al Bernini di Porta del Popolo. In realtà si pensa che il progetto fosse opera di Andrea Sacchi, pittore del tempo, che delegò la stesura dei disegni all'architetto Marco Antonio De' Rossi. Ma entrambi morirono prima che i lavori fossero conclusi; furono portati a termine sotto la direzione del pittore Legendu. Luogo di incontri romantici: a tale proposito si racconta che, proprio qui, il principe ereditario di Baviera incontrò, in una delle sue abituali gite alla fonte, la bella Maria Anna Florenzi, marchesa perugina che amò con cieca e cocente passione (nonostante fosse gia sposato in patria). Per rendere ancora più confortevoli i loro incontri, fece costruire sul bordo esterno due panchine in pietra, ancora esistenti, con iscrizioni in tedesco e in italiano, e fece piantare anche degli alberi a coronamento. Un altro papa si interessò alla fonte; si tratta di Clemente XI che nel 1712 si adoperò in opere di risanamento e pulitura del luogo, in quanto aveva riscontrato che durante l'inverno la fonte veniva invasa dalle acque del Tevere. Come sempre, ad eterna rimembranza del fatto, rimane un'epigrafe, una serie di scale metriche poste in più punti a misurare la variazione del livello e la quantità d'acqua penetrata nella fontana. Ancora prima dell'interesse dei Papi e dei principi, le virtù della fonte erano state scoperte dal popolo che era solito scegliere la zona come meta di scampagnate fuori porta. Tanto era gradita e nota l'acqua da favorirne anche il commercio con nascita del relativo mestiere: quello dell'acquarolo: egli caricava il suo carretto di fiaschi della magnifica acqua che rivendeva poi lungo le vie di Roma, ad un soldo la fiaschetta, e si annunciava gridando a squarciagola: "fresca, fresca l'acquacetosa, su pijatela sora sposa, quarche bene ve farà..". Immersa nell'asfalto, non più circondata da prati, senza le lontane prospettive di verde, il ninfeo oggi appare desolatamente abbandonato a se stesso dopo un lungo periodo di inattività perchè l'acqua era stata giudicata dopo tante virtù, inquinata. Ora è tornata a fornire sollievo ai rari passanti, alimentata dall'acqua vergine.

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