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Divino Amore

E' conosciuto anche come Santuarietto del Divino Amore, per distinguerlo dal Santuario vero e proprio, nella campagna romana lungo la via Ardeatina, in località Castel di Leva, del quale costituisce una sorta di dipendenza cittadina, ed è, più precisamente, intitolato ai SS. Cecilia e Biagio. La sua posizione, nell'omonimo, stretto vicolo, vicino via dei Prefetti, lo rende pressochè incognito, anche per le dimensioni assai ridotte. Ciononostante possiede un ruolo assai importante nella topografia della devozione cittadina, ed è frequentatissimo durante le contigue festività della Madonna della Candelora e di S. Biagio, il 2 e 3 febbraio, quando numerosi romani vengono qui a prendere la candela della candelora e farsi ungere la gola con l'olio benedetto di S. Biagio. La chiesa sorge sui resti di una casa romana ritenuta la domus paterna di S. Cecilia, ed è testimoniata a partire dal 1131. Venne ricostruita ex novo nel 1729 da Filippo Raguzzini, lo stesso architetto del "teatro" di fronte a S. Ignazio. E' rimasto il campanile romanico, di minuscole dimensioni, ma analogo agli altri esemplari ben più maestosi dello stesso periodo. L'interno è un'aula rettangolare con volta a botte, ridecorata nel corso dell'Ottocento. La zona in cui si trova la chiesa costituisce il punto di passaggio tra il tessuto edilizio della città medievale e le zone di espansione del "tridente" a nord, che furono impostate ai primi del XVI secolo dal punto di vista urbanistico e contennero buona parte della successiva espansione di Roma fino all'Ottocento. Qui sorsero, a partire dalla metà del Cinquecento, numerosi palazzi signorili, dei quali il più antico è il vicino palazzo Firenze, affacciato sull'omonima piazza e ristrutturato da Giulio III (1550-55) dopo una precedente fase costruttiva, con il contributo di Bartolomeo Ammannati, al quale si deve il magnifico prospetto interno. Il palazzo deve il suo nome al fatto di essere stato fino al 1860 ambasciata del Granducato di Toscana.

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