Il biglietto da visita di Michelangelo
La lunga permanenza a Roma di Michelangelo, iniziata nel 1496 quando il Buonarroti fu chiamato dal cardinal Riario e terminata nel 1564 con la morte dell'artista, costituisce da sola uno dei principali capitoli dell'arte europea. Ma è anche una fonte inesauribile di aneddoti, molti poco verificabili, alcuni sicuramente leggendari, ma sempre frutto dell'amore che i romani nutrirono da subito per il grande toscano dal ruvido carattere. Tra le storie più note (e meno accreditate) c'è quella del "biglietto da visita": Raffaello Sanzio stava eseguendo i celebri affreschi della loggia della Galatea alla Farnesina, sul Lungotevere. Gelosissimo del proprio lavoro, aveva impartito severe disposizioni perché nessuno si avvicinasse per osservare il procedere dell'opera. Un giorno, durante una temporanea assenza dell'Urbinate, Michelangelo era andato a far visita sul posto al suo allievo Daniele da Volterra, che stava lavorando con Raffaello. Non trovò il giovane e, per lasciare un segno del suo passaggio prima di andarsene, prese un pezzo di carbone e con quello disegnò in una lunetta una bellissima testa di putto. Quindi uscì senza esser visto. Al suo rientro, Raffaello notò il piccolo capolavoro e vi riconobbe subito la mano di Michelangelo; ma, anziché rimproverare il custode e cancellare il disegno, come qualcuno gli suggeriva, ne apprezzò il valore e decise di lasciarlo intatto. Fin qui la leggenda; che, come ogni leggenda, contiene un elemento di verità: il disegno a carbone, di evidente impronta michelangiolesca, esiste e si può ancor oggi ammirare nella nona lunetta della parete sinistra della loggia. Ma, a detta degli studiosi, l'opera non è del Buonarroti ma di Sebastiano del Piombo o di Baldassarre Peruzzi. Gli stessi storici dell'arte, però, non hanno spiegato il perché dell'inserimento di un disegno a carbone tra gli affreschi di Raffaello. Insomma: leggenda sì, ma qualche dubbio resta…