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Curiosità toponomastiche 1

I nomi delle vie e delle piazze di Roma sono una miniera di storia, come è logico per una città con tremila anni sulle spalle. Ne abbiamo già parlato: nella toponomastica capitolina c'è di tutto, a cominciare dagli usi, dai mestieri e dai momenti di cronaca. Le targhe stradali sono così il naturale complemento di ogni passeggiata tra monumenti e chiese, perché vi è incisa l' 'altra' storia della città, quella umile, quotidiana, lontana o appena sfiorata dall'ufficialità, fatta di osterie, mercati, alberi apprezzati come riparo dal sole. E anche perché il biancore del loro travertino, quando abbagliante quando eroso e ingiallito, unico nel genere, è un'icona dell'Urbe. Il nostro itinerario a caccia di curiosità toponomastiche parte da una piazza nel cuore della città che ospita un minuscolo, 'strapaesano' mercatino. Piazza delle Coppelle sembra la rivalsa di Roma contro i tempi moderni: un fazzoletto di spazio occupato da pochi, affollatissimi banchi; voci che s'accavallano, bucce sotto i piedi; odori forti, specie il venerdì quando è il turno del pesce e del baccalà che lascia il mercato in compagnia dei ceci. Il nome della piazza trae origine, come molti altri, dal mestiere prevalentemente esercitato in zona: qui erano insediati i "cuppellari", fabbricanti di "cuppelle", i barilotti per il trasporto del vino che contenevano dieci "fogliette" (dieci litri). Luogo caro ai romani, dunque, che nei secoli scorsi non lenivano la sete con succhi di frutta o bibite light: era qui che venivano approntati i preziosi recipienti, senza i quali né il robusto Velletri, né il soave Cannellino avrebbero mai potuto raggiungere le gole arse di vecchi manovali e di giovani paìni. E così, Roma riconoscente intitolò alla benemerita categoria una chiesa presso lo scomparso porto di Ripagrande, a questo sopravvissuta: è Santa Maria in Cappella, dove "Cappella" è rispettosa deformazione di "cuppella". Del resto, la toponomastica romana è piena di osterie. Osterie e locande che, amate come poteva essere amata l'unica distrazione quotidianamente concessa al popolo, finivano col fare da riferimento per la via o la piazza dove aprivano i battenti. E vie e piazze prendevano nome da loro: via del Leoncino, piazza Monte d'Oro, via della Gensola, via del Grottino sono solo alcuni esempi di strade che si chiamano come le loro osterie, oggi scomparse.
Di tutt'altro segno, e assai curiosa, l'origine del nome di via dell'Arco della Ciambella. Sembra che derivi da un ritrovamento fatto nel XVI secolo, che allora fece scalpore: durante gli scavi delle terme di Agrippa al Pantheon, voluti dal cardinal della Valle, fu ritrovata una corona imperiale dorata che circondava l'occhio della volta. La corona apparve somigliante a certe ciambelle che all'epoca si mangiavano a Roma. L'oste di un'osteria lì accanto, pubblicitario ante litteram, cavalcò l'onda dell'entusiasmo per il ritrovamento e intitolò il locale "all'Arco della Ciambella ". E il nome è l'unico sopravvissuto: la locanda è scomparsa, i resti delle terme furono in seguito demoliti.

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