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I fumetti di San Clemente

Su via di San Giovanni in Laterano (che i romani chiamano "stradone di San Giovanni") si affaccia la basilica dedicata a papa San Clemente I, morto martire nel 97. La chiesa è tra le più antiche dell'Urbe e tra le più frequentate e ammirate dai turisti italiani e stranieri. Di sommo interesse il livello intermedio fra i tre individuati e riportati alla luce dagli archeologi: è nel 'piano ammezzato' che si concentrano gioielli architettonici, opere d'arte e curiosità. Qui , ad esempio, il complesso basilicale è attraversato da un fiumiciattolo sotterraneo che vi forma una cascatella, dovuta al sottostante canale di scarico delle acque. Un tempo visibile, oggi se ne ode solamente il rumore. Ma davvero unici nel loro genere sono gli affreschi della navata centrale. Datati all'XI secolo, raccontano in forma di 'fumetto' la leggenda di Sisinno. E' il primo esempio storico di questa tecnica di racconto per immagini. Sisinno era prefetto di Roma e marito di una certa Teodora, convertita al Cristianesimo e convinta al voto di castità proprio da San Clemente. Irato, Sisinno pedina la moglie con un pugno di fidi soldati e la sorprende ad ascoltare la Messa celebrata proprio dal Santo. Il prefetto ordina ai soldati di arrestare Clemente e portarlo via, ma Dio non lo permette e acceca Sisinno e i suoi sgherri. Il racconto prosegue nella parte sottostante con lo straordinario epilogo: i soldati, accecati, sono convinti di trascinare il papa mentre invece hanno legato una pesante colonna. Sisinno, che intanto ha riacquistato la vista per intercessione dello stesso Clemente, assiste stupefatto alla scena. Un soldato apostrofa gli altri in antichissimo volgare: "Fili de le pute, traìte!" (inutile la traduzione). E ancora: "Fàlite derèto co lo palo, Carvoncele!". Chiude la 'strip' medioevale la sentenza di Clemente, questa volta in latino (anche se non purissimo): "Ex duritia cordis vestri saxa trahere meruistis!", "Per la durezza dei vostri cuori meritaste di trascinare pietre!". Tra l'altro, le frasi colorite dei militi costituiscono una testimonianza unica di volgare romanesco agli albori della lingua italiana, due secoli prima dei poeti federiciani di Sicilia e del Dolce Stil Novo fiorentino.

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