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Ponte Nomentano

Situato al terzo miglio della Via Nomentana, da cui trae origine il nome, il ponte Nomentano è il secondo punto di transito sull’Aniene a nord-est di Roma. Fu insieme al ponte Milvio tra i ponti extraurbani più importanti della città. Rimasto intatto, nel modo in cui lo ridussero lavori condotti nel XV secolo, è oggi molto degradato. Notevoli sono gli archi ribassati e i ballatoi sorretti da mensole in travertino. Costituisce un caratteristico esempio di ponte con funzioni strategico-militare e non veicolare con scarsa urbanizzazione circostante.

Originariamente costruito in massi quadrilateri di tufo, con eccezione degli archivolti in travertino, e poi interamente rivestito di travertino da Narsete. La sua forma primitiva era a tre arcate di cui quella centrale più grande delle laterali.

Nell’VIII secolo, probabilmente durante i lavori edilizi di Adriano I, il ponte venne fortificato all’estremità con due torri successivamente rinforzate nel XII-XIII secolo con murature in scaglie di selce e poi sopraelevate nel XV secolo da Nicolò V, cui si deve la robusta incastellatura centrale, attualmente ben conservata.

La pianta è costituita da due torri merlate sotto le quali, attraverso un arco passa la strada. Un breve muro, illuminato da grandi finestroni ad arco e munito di un ballatoio merlato, unisce le due torri tra loro. Dinanzi a queste, da entrambi i lati, due avancorpi vengono a stringere le testate del ponte e formano due passaggi obbligati. Sulle testate si aprivano due porte di sicurezza e sul lato monte verso Mentana un affaccio sul fiume balconato con mensole finemente decorate; le opere di difesa, come si evince dalle piante del Catasto Alessandrino erano completate da una piccola torre quadrata e merlata (oggi scomparsa), che fiancheggiava il ponte sulla sponda sinistra dell’Aniene. Questa torre, denominata "Torrione de Iacobacci", prendeva il nome dalla famiglia proprietaria dell’area circostante. Sopra l’arco è lo stemma di Nicolò V e sulla spalletta di destra quello di Innocenzo X Pamphili (oggi scomparso) a testimonianza dei restauri eseguiti da questi pontefici.

La costruzione del ponte risale alla fine dell’età repubblicana; come altri ponti sull’Aniene subì durante la guerra gotica la distruzione di Totila nel 549 e la successiva ricostruzione sotto Narsete nel 552.

Fortificato da Adriano I (772-95), secondo la tradizione sul ponte avvenne lo storico incontro di Leone III con Carlo Magno disceso a Roma per l’incoronazione nell’800; nel X secolo appartenne al monastero di S. Silvestro in Capite, successivamente a partire dal 1205 alla chiesa di S. Lorenzo in Lucina e poi al convento di S. Pietro in Vincoli unitamente alle terre della Basilica di S.Agnese fuori le Mura.

Occupato da Nicolò Fortebraccio della Stella e Antonio conte di Pontedera nel 1433 e successivamente da Paolo Orsini nel 1485 il ponte subì vari aggiustamenti: dai rinforzi della fortificazione di Nicolò V agli interventi di Pio II (1461), Paolo II (1470) e Sisto IV al quale si deve l’istituzione nel 1474 del pedaggio dei ponti, specie quelli sull’Aniene in quanto più esposti di quelli urbani alle scorrerie e agli assalti dei nemici; gli introiti servivano per finanziare opere di restauro e manutenzione. In tale periodo il ponte era denominato "juxta Casale de’ Pazzis" e apparteneva con le terre circostanti a questa famiglia che possedeva una fortificazione sulla via Nomentana che, ancora oggi conservata, determina il toponimo del sito.

Nel 1532 il ponte passò come altri, alla dogana di città mentre dopo il 1546 fu restaurato e con ogni probabilità ebbe ribassati gli archi di ingresso. Altri interventi non documentabili furono eseguiti tra il 1644 e 1655 da Innocenzo X che vi appose l’arma, oggi scomparsa, su una spalletta.

All’inizio del XVIII sec. è documentato il crollo della parte alta della torre est mentre nel 1849 le truppe francesi fecero saltare la parte mediana del ponte per una lunghezza di 7 metri; nel 1856 si provvide alle riparazioni e in questa occasione vennero rifatti i merli delle torri.

Come per i vicini ponti Mammolo e Salario, anche il Ponte Nomentano fungeva da "Dogana del Bestiame"; qui gli armenti venivano contati e si pagava al Comune uno speciale dazio in ragione di un tanto a capo.

Nel 1926, causa pericoli per la stabilità complessiva, venne interrata la prima luce minore sulla sponda destra, mentre dopo la seconda guerra mondiale fu costruito poco più a valle, soprattutto per il traffico pesante e per il nuovo quartiere Giardino, il ponte Tazio.

Restaurato in travertino nei 552 da Narsete, fortificato da Adriano I (772-95) e successivamente nel XII -XIII le difese furono sopraelevate e riattate da Nicolò V Perentucelli (1447/55) probabilmente per il Giubileo del 1450. Nel 1470 il papa Pio II Piccolomini (1458-64) avviò dei lavori che furono conclusi da Paolo II Barbo (1464-71): doppie merlature, balcone con mensole decorate di spoglio e battenti interni.
Altri lavori di riparazione furono condotti durante il pontificato di Sisto IV Della Rovere (1471-84) e da Innocenzo VIII Cibo (1484-92) e Alessandro VI Borgia (1492-1503) a seguito delle distruzioni dovute alle incursioni della famiglia Orsini: torrette, battenti e merlature.

Sotto Innocenzo X Pamphili (1644-55) furono riedificate le testate del ponte verso Roma, mentre nel 1856 si ripararono i danni causati dalle truppe francesi: estradosso, testate del ponte verso Mentana, merlature e selciatura. Nel 1979 fu sistemata la cancellata a chiusura delle aperture e dei fianchi verso monte (lato Guardia di Finanza).

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